In alcuni dei miei precedenti articoli avevo definito Zelensky “una marionetta impazzita”. Tale definizione mi sembrava calzante per due motivi: “marionetta” tenuto conto di come era stato eletto e del perché lo fosse stato, “impazzita” perché si è talmente immedesimato nella parte da andare perfino oltre ai propositi di chi lo aveva costruito come Presidente.
Si ricorderà che l’ex comico e attore ucraino aveva recitato come protagonista in una serie molto popolare nel suo Paese, serie in cui rivestiva il ruolo di un antipolitico sprezzante verso tutti i politici di ogni partito e ferocemente critico della corruzione che infestava il suo Paese.
Guarda caso, la serie aveva un finale che suggellava il successo del protagonista proprio poche settimane prima dell’inizio della campagna elettorale in cui lo stesso Zelensky si presentava come candidato. Il titolo di quella commedia era “Servitore del popolo”, cioè lo stesso nome che avrebbe assunto poi il suo partito personale.
Cosa di meglio per assecondare i sentimenti di una popolazione profondamente sfiduciata verso la politica e vittima della corruzione più diffusa di tutta l’Europa? La sua vittoria era praticamente scontata e infatti così fu.
Durante la campagna elettorale, in linea con il personaggio recitato, promise una lotta senza sosta alla corruzione e il raggiungimento di un accordo negoziato con i separatisti del Donbass. Una volta eletto (cosa che fece con l’aiuto finanziario di uno dei più potenti oligarchi locali già proprietario della rete televisiva che aveva trasmesso la serie) non mantenne tuttavia nessuna delle sue promesse. Non solo la corruzione ha continuato a infestare l’Ucraina, se non è addirittura peggiorata, ma, incoraggiato soprattutto da britannici e americani, ha persino intensificato le ostilità sul fronte del Donbass.
Purtroppo, oggi devo ammettere che la definizione che gli attribuii nel passato, pur restando valida si è dimostrata insufficiente. La definizione che meglio si adatterebbe a lui dopo i discorsi tenuti negli ultimi mesi e la presentazione di quello che propagandisticamente chiama “Piano per la Vittoria) è: “criminale”.
Sa bene che accettare una vera negoziazione di pace con la Russia significherebbe per lui la fine della sua carriera politica e del suo sentirsi un novello Churchill, e quindi non solo insiste nel continuare una guerra che tutti gli analisti considerano già perduta ma fa di tutto per allargarla cercando il coinvolgimento diretto della Nato.
Tutto ciò non è una novità perché è dall’inizio del conflitto che cerca di ottenere che la guerra della Russia contro l’Ucraina si trasformi in guerra della Nato contro la Russia. Oggi con il suo “Piano per la Vittoria” presentato a Washington, a Londra, a Berlino, a Roma, a Parigi e a Bruxelles (poi anche alla Rada di Kiev con l’aggiunta di tre allegati “segreti”), chiede formalmente l’applicazione di cinque punti che, qualora accettati, significherebbero oggettivamente l’inizio di una guerra mondiale con l’uso probabile di armi atomiche.
Ecco le sue richieste:
Invito formale ed irrevocabile per l’ingresso dell’Ucraina nella NATO e l’aumento del sostegno militare inclusa l’autorizzazione ad usare qualunque arma donatagli dall’occidente contro il territorio russo senza limiti di distanza.
Sanzioni più severe contro la Russia per colpire molto di più l’economia di quel Paese, al fine di metterlo in ginocchio e, magari, ottenere un cambio di regime.
Un più esteso aiuto economico e umanitario per superare la crisi interna che andrà peggiorandosi con l’inverno (uno studio del Consiglio d’Europa ha calcolato che l’Europa ha già dato all’Ucraina dall’inizio della guerra ben 118 miliardi di Euro. Per dare un’idea di cosa significhi questa cifra, basta sapere che la manovra dei “sacrifici” appena approvata dal governo italiano per affrontare la nostra crisi consiste in circa 30 miliardi di Euro).
Accelerazione se non addirittura immediatezza dell’ingresso dell’Ucraina nell’Unione Europea
Aumento della cooperazione tra i Paesi europei e l’Ucraina in materia di difesa e di sicurezza
Va da sé che l’accettazione Occidentale del punto primo suonerebbe alle orecchie moscovite come un coinvolgimento diretto (e non più nascosto sotto il tappeto) della NATO. Con tutto ciò che ne conseguirebbe.
Fortunatamente, un briciolo di buon senso sembra ancora esistere nella testa degli attuali governanti americani ed europei e quel “Piano” non ha trovato molti consensi. Gli americani non si sono sbilanciati più di tanto ed il portavoce di Biden si è limitato a dichiarare che “stiamo ancora analizzando il piano nei dettagli”. Il Cancelliere tedesco Scholz ha respinto i punti chiave perché teme una escalation e ha vietato la consegna di missili da crociera a lungo raggio Taurus. Il Prino Ministro ungherese Orban ha dichiarato che il piano “non è vantaggioso per l’Ungheria” aggiungendo che “è più che spaventoso”. Lo slovacco Fico ha esplicitato che le idee di Zelensky rischiano “di scatenare la terza guerra mondiale”. A parte i soliti britannici, i baltici e in parte i polacchi, altri Paesi hanno espresso evidenti perplessità alle nuove richieste di Zelensky. Purtroppo, i nostri governanti europei che “non accettano la sconfitta” hanno iniziato a sostenere Zelensky sin dall’inizio senza mai chiedersi quale dovesse essere la strategia e cosa si sarebbe voluto ottenere.
Colui che sembra ancore di più fuori dalla realtà è il solito Stoltenberg, ex segretario generale della NATO, che propone che l’Ucraina vi aderisca come fece la Germania Ovest e cioè che l’articolo 5 riguardi soltanto quelle parti di territorio su cui Kiev ancora esercita il proprio controllo. Che Stoltenberg parli a vanvera facendo dubitare della sua salute mentale lo dimostra il semplice guardare la situazione sul campo. Kherson è oggi controllata da Kiev ma viene quotidianamente bombardata dall’artiglieria russa e lo stesso vale per Kharkiv e Zaporizhzhya. Perfino Leopoli, che si trova a soli 100 chilometri dalla Polonia è oggetto di bombardamenti russi. È ovvio che, se questa parte dell’Ucraina facesse parte della NATO, una sola bomba russa che colpisse quei territori sarebbe, teoricamente, causa dell’intervento militare diretto di tutta la Nato sulla base dell’art. 5.
Il vero problema è che nessuno in Occidente vorrebbe, a parte il “criminale” Zelensky, un allargamento del conflitto ma l’ipocrisia pretende che non si ceda nulla alla Russia e si continuino a mandare soldi e armi affinché la guerra continui e uccida altre migliaia di giovani ucraini che sacrificheranno la loro vita per conto terzi e per la gloria personale di Zelensky.
Che quest’ultimo sia preda di un delirio di onnipotenza ben lontano dagli attuali sentimenti del suo popolo è diventato evidente dal fatto che nelle file dell’esercito c’è un numero sempre crescente di disertori. Anche nella popolazione civile, che però non può manifestare apertamente i propri sentimenti per non correre il rischio di essere incarcerata o addirittura uccisa, aumenta l’insofferenza verso un regime ogni giorno più delegittimato.
Lo conferma anche uno storico docente universitario di Leopoli che in una intervista rilasciata al Corriere della Sera ha espresso dubbi sull’affidabilità di Zelensky e sul fatto che il popolo non è più con lui: “…ci tratta come fossimo bambini che non sono in grado di ragionare…ma ormai nessuno accetta più questi discorsi ed è ovvio che non riusciremo a tornare ai confini del 1991”.
L’isolamento del Presidente, forte di un mandato oramai scaduto, lo si vede anche dalle continue sostituzioni che impone ai massimi vertici istituzionali e alla sua cerchia più ristretta di collaboratori. È più che probabile che nel palazzo presidenziale si respiri un’aria mefitica e irreale come quella tipica della fine degli imperi.
Che il piano di Zelensky sia da lui definito “per la Vittoria” suona soltanto ridicolo a chi ha il coraggio di guardare la realtà, tanto più che prevederebbe il ritiro unilaterale delle truppe russe e la restituzione all’Ucraina delle terre già occupate, Crimea compresa. Qualche invasato, o bugiardo, in Occidente continua a pensare che il prolungarsi del conflitto possa portare al logoramento dei vertici russi fino al cambio di regime. Al contrario, chiunque conosca i fatti e ragioni in buona fede sa che, indipendente da chi sia sia il capo a Mosca, la posizione della Russia non cambierà comunque perché tutta la popolazione russa, perfino chi non ama Putin, non accetterà nemmeno lontanamente l’idea che la Federazione Russa possa uscire sconfitta da queta guerra e debba rinunciare ai territori già annessi con l’invasione.
Che dire? C’è solo da sperare che o un colpo di stato interno o la “stanchezza” degli occidentali obblighi la “marionetta criminale” a uscire prestissimo di scena.