Youth, La Giovinezza, è l’ultimo film di Paolo Sorrentino. I protagonisti di questo film sono due artisti ottantenni, amici da sempre ormai in pensione; Fred, musicista e direttore d’orchestra, e Mick, regista cinematografico, interpretati rispettivamente da Michel Caine e Harvey Keitel. Il film, presentato a Cannes, ha ricevuto applausi e qualche fischio nella proiezione della mattina, quella per la critica ed i giornalisti, e un’ovazione incondizionata, invece, nella proiezione per il pubblico non specialista. Mi unisco idealmente al pubblico che ha applaudito senza riserve.
Youth è un film che tocca il profondo. Il tema principale del film è il trascorrere del tempo, il rapporto tra passato e presente, le sensazioni attuali e le rielaborazioni delle memorie, l’evoluzione dei sentimenti e delle relazioni umane dalla giovinezza alla vecchiaia.
Narra di relazioni passeggere, incontri casuali o voluti che si svolgono nell’incantevole paesaggio alpino della Svizzera che circonda un hotel a cinque stelle, frequentato da una élite danarosa e colta proveniente da mezzo mondo in cerca di privacy dorata, cure fisiche, massaggi ed acque termali, camerieri impeccabili e cucina raffinata, frequentazioni interessanti, ma soprattutto passeggiate salutari per il corpo, per la mente ed il cuore, in mezzo al verde curatissimo.
Indimenticabile la scena in cui il regista cinematografico rivede con la memoria i personaggi cui la sua immaginazione ha dato vita nei numerosi film girati con successo nel corso dei suoi anni d’oro ormai lontani. Li rivede tutti apparire in armonioso movimento su un prato impeccabile. Una fantasia triste, nata nel momento in cui, circondato da allievi desiderosi di ereditare i segreti del mestiere, il regista tenta di mettere in scena il suo testamento spirituale, invano per la imprevista defezione della star da lui a suo tempo creata.
Memorabile anche la scena del piccolo violinista che parla al direttore d’orchestra, autore del pezzo che sta suonando. Facile e bello, dice il ragazzo, e con le sue osservazioni risveglia nel musicista la voglia di lavorare.
Si avverte nello scorrere delle immagini del film ricche di fantasia l’inevitabile espressione della malinconia esistenziale degli anziani, estranei al mondo dei giovani che comprendono, sì, ma da cui sono esclusi. La stessa malinconia che si avvertiva nel film “La Grande Bellezza”, rappresentazione della Roma città eterna imperiale e barocca, oggi decadente ed inerte nella contemplazione di sé, che procurò un premio Oscar a Paolo Sorrentino.
La bellezza dunque, anche in questo film un valore che trascende il trascorrere del tempo, al di sopra di esso, eterno. I protagonisti del film traggono conforto ai loro turbamenti nel soggiorno in un luogo bellissimo; per gli spettatori del film, invece, la gioia rasserenante di vedere scorrere quelle immagini. La bellezza, un valore eterno. In Italia ogni tanto nasce qualcuno capace di produrla.
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