Un uomo normale, "ripetitivo", "incapace di fare del male a qualcuno" che si dedica "ai figli" e la sera si addormenta sul divano dopo una giornata di lavoro, come dice lui, oppure, come scrive il giudice, un uomo dalla condotta "riprovevole", senza "freni inibitori", dotato di "un’indole malvagia e priva del piu’ elementare senso d’umana pieta’", capace di agire con "tale ferocia" nei confronti di una "giovane e inerme adolescente?
L’ordinanza con cui il Gip di Bergamo Vincenza Maccora dispone il carcere per Massimo Bossetti non scioglie tutti i dubbi sulla personalita’ del presunto assassino di Yara. Non scioglie i dubbi sulla sua personalita’, ma anche sul movente che avrebbe spinto Bossetti ad agire, visto che e’ lo stesso Gip a concludere il provvedimento sostenendo che "ad oggi non si conoscono le ragioni che hanno portato Bossetti a sfogarsi su una giovane ragazza che non si sa se conosceva e se sulla stessa aveva gia’ da tempo posto le sue attenzioni".
Allo stato dunque, l’unico dato certo e’ quel profilo genetico che lo incastra. E non e’ un dato da poco: l’ipotesi che Bossetti "sia figlio di un altro individuo, non imparentato in linea paterna con Giuseppe Guerinoni, e’ di 1 su 14 miliardi" si legge nella relazione svolta dal professor Emiliano Giardina dell’universita’ di Tor Vergata e riportata dal gip. Anche la consulenza della dottoressa Cattaneo e’ devastante per Bossetti: "i risultati ottenuti hanno consentito di confermare il rapporto di paternita’ naturale tra Giuseppe Benedetto Guerinoni ed il soggetto convenzionalmente indicato carne Ignoto 1, essendo l’indice di paternita’ almeno pari a 754 milioni, corrispondente ad una probabilita’ di paternita’ pari a 0,9999999987. Valore che, espresso in termini percentuali corrisponde al 99,99999987%.
Restano pero’ i dubbi sull’uomo, su una persona apparentemente normale, con una vita normale ancora tutta da scandagliare per poter chiudere il cerchio. Un uomo che nell’unica occasione in cui ha parlato si e’ descritto come un soggetto "ripetitivo".
Quel 26 novembre del 2010, ha detto nell’interrogatorio di garanzia, "mi trovavo a lavorare a Palazzago, nel cantiere edile di mio cognato. Subito dopo il lavoro sono tornato a casa dalla mia famiglia con il furgone". Il perche’ si ricordi proprio di quel giorno, il presunto assassino di Yara lo spiega cosi’: "conduco una vita normale, dedicandomi al lavoro o alla famiglia. In qualche modo una vita ‘ripetitiva’. Esco la mattina preso per andare in cantiere, mangio un pasto veloce, sempre lavorando, ritorno a casa nel pomeriggio, faccio una doccia, mi dedico ai figli e spesso dopo cena mi addormento sul divano per stanchezza. Esco di rado e sempre in compagnia di mia moglie e i miei figli. La domenica abitualmente incontro i parenti e i genitori ai quali sono molto legato". Una vita ripetitiva appunto, incolore. Anonima.
Versione che contrasta con quanto scrive il Gip descrivendo la condotta dell’arrestato "particolarmente riprovevole, per la gravita’ e superficialita’ dei patimenti cagionati alla vittima con un’azione efferata, rivelatrice di un’indole malvagia e priva del piu’ elementare senso d’umana pieta’". Una condotta insomma, caratterizzata dalla "mancanza di freni inibitori" da parte di un uomo "dimostratosi capace di azioni di tale ferocia" nei confronti di "una giovane ed inerme adolescente".
Nell’interrogatorio Bossetti ha cercato di confutare queste accuse: "non avrei mai potuto fare un gesto simile, non sono capace di far male a nessuno, ho dei figli della stessa eta’ di Yara". Parole che, afferma il Gip, "non sono idonee a scalfire l’indizio principale", vale a dire il suo Dna addosso alla povera Yara.
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