Passate le elezioni politiche è iniziato, come ad ogni tornata elettorale, il dibattito che ruota intorno al voto degli italiani nel mondo. Denunce, brogli, irregolarità e chi più ne ha più ne metta.
ItaliaChiamaItalia ormai da oltre dieci anni insiste sullo stesso tema: il meccanismo elettorale con cui votano gli italiani all’estero va rivisto. Oggi tutti sono d’accordo su questo. Bisogna vedere se ci sarà davvero la volontà politica di metterlo in sicurezza e soprattutto bisognerà capire come.
Le proposte sul tavolo sono diverse. C’è chi è convinto che il voto per posta vada eliminato una volta per tutte, perché si è rivelato “un imbroglio in scala industriale” (leggi qui L’INTERVISTA ESCLUSIVA all’On. Fabio Porta); c’è chi invece sostiene che debba essere mantenuto, con alcuni accorgimenti (la pensa così per esempio la Sen. Laura Garavini, ecco l’intervista che ha rilasciato a ItaliaChiamaItalia). Ancora: per alcuni la soluzione è il voto nei seggi presso Ambasciate e Consolati (la pensa così, tra gli altri, il Sen. Ricardo Merlo, presidente del MAIE: leggi le sue dichiarazioni qui), per altri, nel terzo millennio, il voto elettronico.
Tra gli accorgimenti proposti per migliorare e rendere più sicuro il voto per posta c’è certamente l’inversione dell’opzione, ovvero il registro degli elettori. Vota solo quell’italiano nel mondo che dichiara la volontà di farlo. Si tratta, in poche parole, del sistema usato alle ultime elezioni dei Comites. L’affluenza fu molto bassa, ricordano i più scettici; quelli invece più favorevoli a questa soluzione commentano che è meglio avere meno voti, ma puliti.
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Fu Mario Giro, attuale viceministro degli Esteri (ancora per qualche giorno), a testare, per così dire, l’inversione dell’opzione alle elezioni Comites. E Italiachiamaitalia.it ha voluto chiedere proprio a lui, dopo averlo fatto già con diversi eletti oltre confine, quale strada sceglierebbe per migliorare il voto estero.
Il viceministro è netto, secondo lui la migliore soluzione è l’inversione dell’opzione: “Votano in meno, ma il voto è più pulito. Questo io l’ho sempre detto”, commenta con ItaliaChiamaItalia. Perché, allora, questa soluzione non è stata usata in occasione delle Politiche 2018? “Perché molti hanno criticato il fatto che fossero troppo pochi a votare”, eppure “io penso che sia l’unica soluzione, pochi ma sicuri”.
Di fronte all’opzione del voto elettronico osserva: “Quando arrivai io, era già stato escluso”. Motivo? “Per il costo molto elevato”. Insomma, una questione economica.
Facciamo notare al viceministro che per stampare e inviare cinque milioni di schede in tutto il mondo, e per poi riportarle a Roma, comunque si spendono bei soldini: “Sì, ma il costo per il sistema di voto elettronico era superiore al costo attuale del voto estero”. “Certo – aggiunge Giro -, parliamo del costo una tantum, per il sistema informatico”. Costo che dunque, nel corso degli anni, si andrebbe ad ammortizzare.
Forse bisognerebbe capire che per risparmiare bisogna spendere bene.
A Mario Giro non piace l’ipotesi di allestire dei seggi presso le nostre sedi diplomatiche: “Come si fa? La nostra rete consolare non è abbastanza estesa. Forse si potrebbe fare in Europa… Ma se penso al Sud America, o all’Australia, oppure a Stati Uniti e Canada, scarterei questa ipotesi: in quei Paesi sarebbe un problema”.
Dunque? “Per tagliare la testa al toro – ribadisce in conclusione – e mettere fine a queste polemiche, bisognerebbe inserire l’inversione dell’opzione. Ma una decisione deve essere presa dai parlamentari in questo nuovo Parlamento”. E con il Governo che verrà.