Nella prossima legislatura la pattuglia degli eletti all’estero sarà così ridotta che si potrebbe pensare di eliminare le liste con le preferenze per passare a collegi uninominali. La proposta è di Tommaso Edoardo Frosini, Professore ordinario di diritto pubblico comparato e diritto costituzionale della Facoltà di giurisprudenza dell’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli, sentito oggi pomeriggio dalla Giunta delle elezioni della Camera nell’ambito dell’indagine conoscitiva sulle modalità applicative, ai fini della verifica elettorale, della legge 27 dicembre 2001, n. 459, recante “Norme per l’esercizio del diritto di voto dei cittadini italiani residenti all’estero” sul voto all’estero.
Dopo gli interventi su schede e spoglio di Giuseppe Meliadò e Tommaso Picazio, della Corte di appello di Roma, i deputati hanno ascoltato il docente che, nel 2001, fu interpellato per un parere sulla legge Tremaglia nella parte in cui stabiliva che all’estero potevano candidarsi solo gli iscritti Aire.
Una norma abbracciata dal giurista che oggi, a 20 anni di distanza, ha sostenuto che è ora di fare qualche bilancio, alla luce delle esperienze vissute.
“Nel momento in cui il Legislatore ha voluto ridurre il numero dei parlamentari, forse poteva intervenire per eliminare dalla Costituzione il numero preciso dei seggi attribuibile alla circoscrizione estero, ritoccando l’articolo 48”, ha sostenuto Frosini, secondo cui, vista la riduzione degli eletti da 18 a 12 – 8 alla Camera e 4 in Senato – si potrebbe “pensare di eliminare le liste di candidati”, semplificando con “l’introduzione del collegio uninominale e un sistema maggioritario: a ogni seggio vince che arriva primo”.
La lista “comporta inevitabilmente un clima difficile di competizione elettorale” e, secondo il docente, è la ragione prima che dà vita ai brogli elettorali.
D’altra parte, ha aggiunto, il timore che gli eletti all’estero influissero tanto da spostare gli equilibri nazionali – che condizionò il dibattito sulla legge 359/01 – è rimasto disatteso.
“Mi sembra – ha sostenuto Frosini – che i parlamentari eletti all’estero siano difficilmente identificabili con i movimenti politici, anche perché tendenzialmente, e lo dico con tutto il rispetto, mi sembra che siano frequenti i casi di cambiamenti”, segno “che non sono portatori di idee politiche, quanto piuttosto degli interessi degli italiani all’estero”. Dunque “non rappresentano quello che si pensava potessero rappresentare, cioè un aumento del consenso a favore dei tradizionali partiti politici esistenti nel nostro territorio. Perché sono lontani e forse non conoscono nemmeno la storia dei partiti vecchi e nuovi che sorgono in Italia. Forse non hanno una “spinta” di tipo politico tale da farsi portatori di quella volontà politica, ma piuttosto, come è giusto che sia, di rappresentare gli interessi degli italiani che risiedono all’estero”.
Quanto al voto per corrispondenza che nel 2001 “poteva essere l’unica soluzione, ha dimostrato tutta la sua fallacità”, come dimostrato da inchieste e ricorsi. Quindi la soluzione è il voto elettronico, magari introdotto come opzione. “Oggi ci sono una serie di perfezionamenti tali che difficilmente può essere violato”.
La proposta di Frosini, quindi, sarebbe introdurre “un collegio uninominale, con voto maggioritario per eleggere i 12 parlamentari tramite il voto elettronico, con una riduzione dei rischi di possibili imbrogli e la garanzia nell’arrivo dei voti direttamente tramite la telematica, da introdurre almeno come opzione, come seconda scelta rispetto al voto per corrispondenza”.
Modalità, ha ricordato concludendo, già messa in discussione dalla Corte Costituzionale nell’ordinanza 63 del 2008. (m.c.\aise)