Luigi Vignali, direttore generale per gli italiani all’estero della Farnesina, è intervenuto a Roma alla presentazione del volume “88 giorni nelle farm australiane. Un moderno rito di passaggio”, promosso dalla Fondazione Migrantes.
Il volume è il risultato di un percorso di ricerca che ha visto gli autori – Michele Grigoletti e Giuseppe Casarotto – incontrare e dialogare, negli ultimi 5 anni, con centinaia di giovani italiani che hanno concluso l’esperienza di vita e di lavoro nelle lontane campagne australiane.
“La miglior risposta che le istituzioni possano dare a chi è all’estero è far sentire che l’Italia c’è comunque anche lì”, ha detto Vignali durante il suo intervento, sottolineando l’importanza della “consapevolezza del fenomeno della nuova mobilità italiana, tanto più importante in quanto la retorica della fuga dei cervelli ha invaso il tema della nuova mobilità”. Ma “c’è ben altro, c’è la voglia di trovare se stessi, la voglia di cambiare, la capacità e la voglia di dimostrare di che pasta si è fatti”.
I giovani “partono anche con risentimento verso il Paese. Motivazioni forti che dobbiamo tener presenti, che non attengono alla sfera personale ma al sistema paese e a quello che ha da offrire”. La consapevolezza “deve essere anche rivolta a tre temi che rimangono costanti nella storia dell’emigrazione: la nostalgia, il risentimento e il riscatto. Tre temi che ritroviamo in queste storie”.
Facendo l’esempio dei visti vacanza-lavoro, è necessario “rafforzare questo strumento importante, prevedere la possibilità di una terza permanenza, ampliare anche gli ambiti geografici”. Per Vignali “dobbiamo provare a immaginare delle risposte che questo Paese e le sue istituzioni devono dare a nostri giovani”.
I nostri giovani preferiscono andare all’estero e mettersi alla prova, piuttosto che restare in un’Italia che non ha nulla da offrire loro, neppure la speranza di crescere. Si sentono, insomma, “Ferrari in garage”. Ecco perché è fondamentale “dare risposte più ampie” e domandarsi “come tirar fuori la Ferrari dal garage, anche in Italia, organizzando dei riti di passaggio analoghi anche nel nostro Paese. Dobbiamo trovare dei percorsi da offrire anche a chi non se la sente di arrivare in Australia”.
Certamente, a chi è già oltre oceano, a tutti coloro che hanno scelto di risiedere stabilmente oltre confine, è necessario “far sentire che l’Italia c’è anche lì, sfruttando la loro forza di aggregazione. Le istituzioni italiane devono tener presente questa forza, devono dialogare con i ragazzi. Non devono farli sentire ‘dispersi’ nel deserto australiano. Questo per sfruttarne le energie positive, per metterli in comunicazione tra loro, per rivitalizzare anche il contributo delle nostre comunità all’estero, dell’associazionismo italiano”. Associazionismo che, ad ogni latitudine, mantiene alta l’italianità.