Ci vorrà più di un mese per varare il nuovo governo, si scatenerà intanto il solito toto-ministri con relative tensioni, polemiche e forse pressioni europee o del Quirinale, ma questa volta sul tavolo ci sono alcune chiarezze che sarà difficile cancellare. Il centrodestra ha vinto domenica in maniera chiara, limpida, inequivocabile così come il successo è stato prima di tutto di Giorgia Meloni che quindi ha tutti i titoli (e i numeri) per governare.
Il momento è però drammaticamente difficile, la BCE adesso vede nero (ma non andava tutto bene?!), l’UE è (sarà) fredda con l’Italia, c’è la guerra in Ucraina, le bollette che salgono come le materie prime, il PNRR è da rinegoziare, il deficit pubblico mostruoso con tassi in aumento e siamo nelle mani (e nei ricatti) di Bruxelles, con i media internazionali contrari, a priori, alla “postfascista” Meloni.
Non solo: stipendi e salari non corrono come l’inflazione (sulla quale l’ISTAT ha comunicato negli ultimi mesi dati fuori dalla realtà dei supermercati) e quindi una tensione sindacale è in arrivo, soprattutto perché adesso non c’è più il PD da tutelare. In generale, quindi, una “tempesta perfetta” per mettere in difficoltà il nuovo governo fin dalle prime battute.
Resto convinto che Mario Draghi non è stato dimissionato, ma che LUI STESSO ha deciso di fasi dimissionare per non legare il suo nome ad una crisi economica imminente di grande portata e che costringerà a tagli e sacrifici, in un gioco del cerino la cui fiamma adesso sarà nelle mani della nuova, giovane leader.
Scontata la battuta che alla fiamma la Meloni possa essere abituata, sta di fatto che nonostante la situazione bisognerà comunque cercare di rispondere alla richiesta di rinnovamento che è arrivata dal Paese. Giorgia ha convinto raccogliendo non solo voti di protesta, ma adesso dovrà dimostrare nei fatti di saper gestire una svolta. Ha subito parlato di “unione” e di “responsabilità” in modo asciutto, sobrio e senza slogan. Auguri, perché ne avrà molto bisogno.