Il temuto ritiro di Washington dalla Alleanza atlantica, già minacciato da Donald Trump, sta mandando in fibrillazione le cancellerie, gli ambienti militari e le istituzioni di Bruxelles.
Da più parti, viene sottolineata l’urgenza di un esercito comune tra i 27 Paesi dell’Unione come risposta all’espansionismo russo e alla probabile dissociazione dell’America dagli affari europei.
Incombe minacciosa, come è lecito intuire, la corsa al riarmo nucleare. Colpiscono, a questo riguardo, le analisi degli esperti militari, molto attivi ultimamente sui media, ma risaltano al tempo stesso le posizioni di autorevoli statisti e politici, che temono l’appeasement e vedono in Putin il nuovo zar di tutte le Russie.
Di recente, l’ex colomba della politica internazionale Joschka Fischer, già ministro degli esteri tedesco, ha auspicato, in una intervista alla Neue Zuercher Zeitung, la creazione di una armata nucleare europea, sulla stessa linea, del resto, di Emmanuel Macron. E’ questo, si sostiene, il miglior deterrente per fermare la Russia.
D’altro canto, l’ipotesi di un esercito comune dotato di armi atomiche sembra preoccupare gli analisti più attenti, che paventano l’insorgere di un effetto domino nei Paesi africani e asiatici. In proposito, vale la pena ricordare l’effetto imitativo degli esperimenti nucleari sottomarini, che la Francia ha condotto nel 1995 in alcuni atolli del Pacifico, esperimenti poi imitati dall’India e dal Pakistan, che hanno così ampliato il numero dei Paesi dotati di armi atomiche. Si corre, come è facile capire, verso l’abisso.
Anche per scongiurare simili sviluppi, Papa Francesco viene invocando l’avvio di utili negoziati tra l’Ucraina, la Russia e i partner occidentali, ma nessuno sembra volerlo ascoltare. La sua è la voce di colui che grida nel deserto, come si legge nel vangelo di Giovanni.
Nella prospettiva della pace europea, urge nondimeno riavviare il dialogo tra le due parti del continente, convocando, a tal fine, una Conferenza pan-europea, come qualcuno del resto ha già prospettato, sulla scia dell’Atto finale di Helsinki e della Conferenza per la sicurezza e la cooperazione in Europa (CSCE). Chi prenderà l’iniziativa?