Raul Diaz è un giornalista venezuelano, in Italia da un anno “per ragioni di sicurezza”. Parla con l’agenzia Dire e racconta che in Venezuela “la vita è dura, è tornata di recente l’allerta malaria. Qualche giorno fa ha aperto un campo profughi alle porte di Bogotà, che ospita 500 venezuelani. Se pensiamo a tutti i venezuelani che stanno emigrando all’estero, il rischio di una epidemia regionale è concreto. Qualcuno deve aiutarci”.
In Venezuela è un disastro, ma il mondo sembra far finta di nulla, troppo spesso anche l’Italia si volta dall’altra parte. La crisi è gravissima, le condizioni igienico-sanitarie pessime. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, lo scorso anno in Venezuela 406mila persone hanno contratto una malattia ritenuta sconfitta tra gli anni Sessanta e Ottanta.
Chiunque soffra per l’assenza di farmaci, cibo o per l’impossibilita’ di fare acquisti, dal momento che il valore della moneta e’ ormai abbattuto dall’iperinflazione, accusa Diaz “non puo’ protestare”. Secondo il giornalista, “vari gruppi armati, probabilmente pagati delle autorita’, intervengono per reprimere ogni voce o iniziative di dissenso”.
Secondo gli esperti “la malaria si sta diffondendo rapidamente a livello nazionale, con 17 Stati che risultano focolai ed esportano la malaria nei Paesi limitrofi, come Colombia e Brasile”. “Brasile, Colombia, ma anche Peru’ e Cile sono i principali Paesi in cui i venezuelani si stanno trasferendo”.
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I governi dei Paesi della regione, dice ancora Diaz, hanno intavolato discussioni sul modo in cui rispondere alla crisi, “ma non hanno ancora adottato nessuna misura, come ad esempio un intervento umanitario coordinato, che sarebbe necessario”, insiste Diaz. Convinto che il governo del presidente Nicolas Maduro “non solo si ostina a non riconoscere la crisi umanitaria, ma anche volendo non e’ in grado di salvare il Paese. Nicolas Maduro non ha mai avuto le competenze e le qualita’ necessarie per guidare una nazione cosi’ complessa”.