L’appuntamento e’ per sabato mattina alle 9.30 nella piccola aula del Tribunale vaticano, nell’austero palazzo alle spalle dell’abside di San Pietro: qui, in un’ambientazione essenziale, spoglia, dominata dal crocifisso sulla parete alle spalle del banco dei giudici, si concentrera’ l’attenzione dei media di tutto il mondo, per il processo relativo al furto dei documenti riservati di Benedetto XVI, finiti sulle pagine di libri e giornali.
Alla sbarra compariranno l’ex maggiordomo del Papa, Paolo Gabriele, accusato di furto aggravato, e il tecnico informatico Claudio Sciarpelletti, che risponde di favoreggiamento. Il primo, rimasto detenuto per 60 giorni e ora in liberta’ provvisoria ma con un regime analogo agli arresti domiciliari, rischia fino a quattro anni di detenzione (che sconterebbe eventualmente in Italia). Il secondo, anch’egli finito in cella ma per un solo giorno e poi rilasciato su cauzione, rischia al massimo un anno. Davanti ai giudici Giuseppe Dalla Torre (presidente), Paolo Papanti-Pelletier e Venerando Marano, li difenderanno rispettivamente gli avvocati Cristiana Arru e Gianluca Benedetti. A rappresentare l’accusa, il promotore di giustizia vaticano, Nicola Picardi.
L’attesa udienza, cui assistera’ un pool di otto giornalisti (quattro fissi anche per tutto il resto del processo, in rappresentanza di ANSA, AFP, AP e Reuters, e quattro per i posti a rotazione, con Efe, Sueddeutsche Zeitung, La Repubblica e il sito Korazym presenti domani) mentre sono vietate riprese tv e foto, iniziera’ con la relazione del giudice relatore, che illustrera’ la vicenda che, con l’istruttoria condotta dal giudice Piero Antonio Bonnet, ha portato il 13 agosto scorso al rinvio a giudizio dei due imputati. Quindi le eventuali eccezioni e le richieste delle parti, riguardanti le possibili testimonianze da raccogliere durante il dibattimento. Le domande della vigilia riguardano in particolare questo aspetto: il processo vaticano, che si basa sul Codice Zanardelli del 1913, e’ ben diverso da quello col rito in vigore ora in Italia, in cui la ricerca delle prove avviene attraverso il contraddittorio tra le parti: non sara’ obbligatorio ripetere in aula le testimonianze raccolte durante l’istruttoria formale – che vengono acquisite agli atti -, lo si fara’ solo se ce ne sara’ richiesta delle parti. Si vedra’ domattina, quindi, in base alle richieste di accusa e difesa e alla relativa decisione del Tribunale, se saranno chiamate a deporre personalita’ come il segretario particolare del pontefice, mons. Georg Gaenswein, dal cui tavolo sono stati trafugati i documenti poi consegnati da Gabriele al giornalista Gianluigi Nuzzi (facendone materia per il libro ‘Sua Santita”), o magari cardinali e altri prelati vaticani.
Sentiti i testimoni, nelle varie udienze ancora non calendarizzate, svolta la discussione con la requisitoria e le arringhe difensive, l’ultima parola nel processo spettera’ in ogni caso agli imputati. E anche qui occorrera’ vedere se Gabriele, gia’ reo confesso, ribadira’ le sue motivazioni per il furto delle carte segrete, cioe’ di aver agito per il bene della Chiesa, per aiutare il Papa nella sua opera di pulizia, anche su fatti su cui lo riteneva ‘non ben informato’, quasi – cosi’ si e’ definito – da ‘infiltrato dello Spirito Santo’. O magari se, finora confinato in un ruolo da ‘unico colpevole’ (quello di Sciarpelletti e’ considerato del tutto ‘marginale’), non decida di rivelare possibili circostanze ancora non venute alla luce.
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