L’ingegnere catanese Vanni Calì, parlando con l’Adnkronos della sua liberazione dopo 23 giorni di rapimento ad Haiti, ha detto: “Se sono libero lo devo ad uomini che hanno fatto l’impossibile per salvarmi. Quando li ho visti ho capito perché avevo riscoperto la preghiera dell’angelo custode, perché vicino a noi tutti c’è sempre un angelo custode. Io ne ho avuti due che mi hanno liberato restituendomi a mia moglie e ai miei figli, e sarò sempre grato allo Stato italiano per quello che ha fatto”.
“Da 50 anni – aggiunge- giro per il mondo e confermo quanto, come mai in questi giorni, io mi senta fiero ed orgoglioso di essere italiano ed ho avuto la gioia di dirlo personalmente al ministro Di Maio che mi ha telefonato e l’ho ringraziato per tutto quello che in modo splendido hanno saputo fare”.
“Il Signore mi ha dato la forza di tornare alla normalità. Sono stati 23 giorni terribili in assoluta sospensione di vita e di conoscenza in condizioni terribili da un punto di vista logistico, umano e mentale”.
“Ero legato mani e piedi – aggiunge Calì – trattato come una ‘cosa’ vecchia ed inutile senza sapere cosa stesse succedendo alla mia famiglia e nel mondo. L’unico modo per cercare di salvaguardarmi era quello di dare alla mia mente delle direzioni che non potessero ferirmi”. “E’ stato molto difficile, perché vivere 12 ore di buio e 12 di luce senza sapere cosa fare e pensare si rischia di diventare pazzi”.
Appresa la notizia dell’uccisione del presidente di Haiti, Jovenel Moise, Calì commenta: “Oggi purtroppo si è verificato quello che da tanto tempo, io e tanti altri che abitavano ad Haiti, sospettavamo, cioè, che ci sarebbe stato qualcosa di terribile che oggi si è ‘completato’ con quanto avvenuto”.
“Io ho vissuto quasi quattro anni ad Haiti, che era ed è un Paese che amo profondamente dove ho vissuto splendide esperienze, ma anche dove ho vissuto il fatto più brutto e terribile della mia vita”. “Un Paese – conclude – che ho imparato ad amare al di là della cattiveria di alcuni suoi personaggi”.