Il turismo delle radici è una grande miniera. Stimati 6,6 milioni di persone che nel 2024 sono venute in Italia per visitare il paese d’origine dei loro avi, sulle tracce dei ricordi trasmessi da genitori e nonni.
Un numero progressivamente destinato a crescere nel breve periodo: quest’anno sono previsti quasi 7 milioni di arrivi che nel 2026 diventeranno 7,3 milioni.
In termini di presenze si passerà così dai 34,4 milioni di pernottamenti del 2024 a poco più di 37,9 milioni attesi nel 2026.
È il trend in crescita che emerge da uno studio realizzato dal Centro studi turistici per Assoturismo – Confesercenti che Il Sole 24 Ore pubblica in anteprima, tracciando il bilancio di questo segmento di turismo.
Si evidenzia l’aumento delle ricadute economiche sui territori. Infatti – scrive Il Sole – la spesa turistica passa dai 5 miliardi di euro dello scorso anno agli oltre 5,5 miliardi previsti per il 2026. Colpisce, in particolare, l’aumento degli arrivi del 6,2% rispetto alle previsioni di inizio 2024.
Secondo i dati del Cst questi turisti non solo hanno una maggiore capacità di spesa, ma vanno alla ricerca di prodotti locali, sia le specialità enogastronomiche che oggetti artigianali e artistici. È l’effetto «terra delle origini» che finisce per aiutare la sopravvivenza di piccoli comuni e borghi interni che altrimenti rimarrebbero esclusi dai flussi turistici in quanto destinazioni minori.
In più questi discendenti di emigrati al loro rientro si fanno promotori della terra d’origine dove, a volte, investono in attività imprenditoriali.
Le regioni più coinvolte dal turismo di ritorno sono Veneto, Emilia-Romagna, Campania, Sicilia, Calabria, Abruzzo e Puglia.