A pochi giorni dalla deadline, la Casa Bianca e i leader del Congresso trovano l’accordo sull’aumento del tetto del debito.
Una soluzione osteggiata dal presidente Barack Obama, ma che comunque "mette fine alla crisi che Washington ha imposto all’America" e che "evita di ritrovarsi in una crisi simile fra 6,8 o 12 mesi".
Dopo settimane di discussione e confronti, ripensamenti e appelli, è stato, quindi, scongiurato il default degli Usa, quando ormai sembrava inevitabile l’apocalisse del 2 agosto.
E’ stato lo stesso Obama ad annunciarlo alla nazione, giusto 10 minuti prima dell’apertura della borsa di Tokyo: "i leader di entrambe le parti, in entrambe le camere, hanno raggiunto un accordo che riduce il disavanzo per evitare il default – un default che avrebbe avuto un effetto devastante sulla nostra economia".
Il presidente Usa aggiunge: "La prima parte dell’accordo taglierà le spese di 1.000 miliardi di dollari in dieci anni. Il risultato sarà il livello più basso di spesa nazionale da quando Dwight Eisenhower era presidente, ma a un livello che ci consentirà ancora di fare investimenti per creare occupazione in settori come l’istruzione e la ricerca. I tagli non avverranno velocemente, per non pesare sulla fragile economia".
L’accordo assicura a Obama un aumento del tetto del debito di 2.100 miliardi di dollari, "eliminando la necessità di ulteriori aumenti fino al 2013", scacciando lo spettro del default e rimuovendo l’incertezza dall’economia.
Ma è la seconda parte dell’accordo quella centrale. Obama, con una stoccata a repubblicani e democratici, ribadisce che "agli americani più ricchi e alle grandi aziende va chiesto di pagare il giusto, rinunciando agli sgravi fiscali e alle speciali deduzioni". Sono anche necessari "aggiustamenti modesti a programmi come il Medicare, per assicurare che resistano per le prossime generazioni".
"E’ per questo che la seconda parte dell’accordo è così importante – ha detto il presidente -. E’ prevista la creazione di una commissione bipartisan del Congresso che dovrà avanzare entro novembre una proposta per ridurre ulteriormente il deficit, proposta che sarà sottoposta al Congresso per il voto. In questa fase tutto sarà sul tavolo. Per renderci tutti responsabili dell’attuazione di queste riforme, tagli profondi andranno automaticamente in vigore se non agiremo".
"E’ questo l’accordo che preferivo? No – ha commentato Obama -. Ritengo che avremmo potuto fare subito le dure scelte richieste sul welfare e sulla riforma del sistema fiscale, invece che con una commissione speciale. Ma questo compromesso é un anticipo sulla riduzione del deficit di cui abbiamo bisogno, e offre a ogni partito l’incentivo per un piano bilanciato entro la fine dell’anno".
"E’ un accordo storico che mette fine a un’impasse pericolosa", evidenzia il leader democratico del Senato, Harry Reid. "Non è l’accordo migliore del mondo – osserva lo speaker repubblicano della Camera, John Boehner – ma mostra come i repubblicani siano riusciti a cambiare i toni del dibattito".
Gli Usa tirano un sospiro di sollievo e ripartono. Alla ricerca di un futuro migliore.
A pochi giorni dalla deadline, la Casa Bianca e i leader del Congresso trovano l’accordo sull’aumento del tetto del debito.
Una soluzione osteggiata dal presidente Barack Obama, ma che comunque "mette fine alla crisi che Washington ha imposto all’America" e che "evita di ritrovarsi in una crisi simile fra 6,8 o 12 mesi".
Dopo settimane di discussione e confronti, ripensamenti e appelli, è stato, quindi, scongiurato il default degli Usa, quando ormai sembrava inevitabile l’apocalisse del 2 agosto.
E’ stato lo stesso Obama ad annunciarlo alla nazione, giusto 10 minuti prima dell’apertura della borsa di Tokyo: "i leader di entrambe le parti, in entrambe le camere, hanno raggiunto un accordo che riduce il disavanzo per evitare il default – un default che avrebbe avuto un effetto devastante sulla nostra economia".
Il presidente Usa aggiunge: "La prima parte dell’accordo taglierà le spese di 1.000 miliardi di dollari in dieci anni. Il risultato sarà il livello più basso di spesa nazionale da quando Dwight Eisenhower era presidente, ma a un livello che ci consentirà ancora di fare investimenti per creare occupazione in settori come l’istruzione e la ricerca. I tagli non avverranno velocemente, per non pesare sulla fragile economia".
L’accordo assicura a Obama un aumento del tetto del debito di 2.100 miliardi di dollari, "eliminando la necessità di ulteriori aumenti fino al 2013", scacciando lo spettro del default e rimuovendo l’incertezza dall’economia.
Ma è la seconda parte dell’accordo quella centrale. Obama, con una stoccata a repubblicani e democratici, ribadisce che "agli americani più ricchi e alle grandi aziende va chiesto di pagare il giusto, rinunciando agli sgravi fiscali e alle speciali deduzioni". Sono anche necessari "aggiustamenti modesti a programmi come il Medicare, per assicurare che resistano per le prossime generazioni".
"E’ per questo che la seconda parte dell’accordo è così importante – ha detto il presidente -. E’ prevista la creazione di una commissione bipartisan del Congresso che dovrà avanzare entro novembre una proposta per ridurre ulteriormente il deficit, proposta che sarà sottoposta al Congresso per il voto. In questa fase tutto sarà sul tavolo. Per renderci tutti responsabili dell’attuazione di queste riforme, tagli profondi andranno automaticamente in vigore se non agiremo".
"E’ questo l’accordo che preferivo? No – ha commentato Obama -. Ritengo che avremmo potuto fare subito le dure scelte richieste sul welfare e sulla riforma del sistema fiscale, invece che con una commissione speciale. Ma questo compromesso é un anticipo sulla riduzione del deficit di cui abbiamo bisogno, e offre a ogni partito l’incentivo per un piano bilanciato entro la fine dell’anno".
"E’ un accordo storico che mette fine a un’impasse pericolosa", evidenzia il leader democratico del Senato, Harry Reid. "Non è l’accordo migliore del mondo – osserva lo speaker repubblicano della Camera, John Boehner – ma mostra come i repubblicani siano riusciti a cambiare i toni del dibattito".
Gli Usa tirano un sospiro di sollievo e ripartono. Alla ricerca di un futuro migliore.
A pochi giorni dalla deadline, la Casa Bianca e i leader del Congresso trovano l’accordo sull’aumento del tetto del debito.
Una soluzione osteggiata dal presidente Barack Obama, ma che comunque "mette fine alla crisi che Washington ha imposto all’America" e che "evita di ritrovarsi in una crisi simile fra 6,8 o 12 mesi".
Dopo settimane di discussione e confronti, ripensamenti e appelli, è stato, quindi, scongiurato il default degli Usa, quando ormai sembrava inevitabile l’apocalisse del 2 agosto.
E’ stato lo stesso Obama ad annunciarlo alla nazione, giusto 10 minuti prima dell’apertura della borsa di Tokyo: "i leader di entrambe le parti, in entrambe le camere, hanno raggiunto un accordo che riduce il disavanzo per evitare il default – un default che avrebbe avuto un effetto devastante sulla nostra economia".
Il presidente Usa aggiunge: "La prima parte dell’accordo taglierà le spese di 1.000 miliardi di dollari in dieci anni. Il risultato sarà il livello più basso di spesa nazionale da quando Dwight Eisenhower era presidente, ma a un livello che ci consentirà ancora di fare investimenti per creare occupazione in settori come l’istruzione e la ricerca. I tagli non avverranno velocemente, per non pesare sulla fragile economia".
L’accordo assicura a Obama un aumento del tetto del debito di 2.100 miliardi di dollari, "eliminando la necessità di ulteriori aumenti fino al 2013", scacciando lo spettro del default e rimuovendo l’incertezza dall’economia.
Ma è la seconda parte dell’accordo quella centrale. Obama, con una stoccata a repubblicani e democratici, ribadisce che "agli americani più ricchi e alle grandi aziende va chiesto di pagare il giusto, rinunciando agli sgravi fiscali e alle speciali deduzioni". Sono anche necessari "aggiustamenti modesti a programmi come il Medicare, per assicurare che resistano per le prossime generazioni".
"E’ per questo che la seconda parte dell’accordo è così importante – ha detto il presidente -. E’ prevista la creazione di una commissione bipartisan del Congresso che dovrà avanzare entro novembre una proposta per ridurre ulteriormente il deficit, proposta che sarà sottoposta al Congresso per il voto. In questa fase tutto sarà sul tavolo. Per renderci tutti responsabili dell’attuazione di queste riforme, tagli profondi andranno automaticamente in vigore se non agiremo".
"E’ questo l’accordo che preferivo? No – ha commentato Obama -. Ritengo che avremmo potuto fare subito le dure scelte richieste sul welfare e sulla riforma del sistema fiscale, invece che con una commissione speciale. Ma questo compromesso é un anticipo sulla riduzione del deficit di cui abbiamo bisogno, e offre a ogni partito l’incentivo per un piano bilanciato entro la fine dell’anno".
"E’ un accordo storico che mette fine a un’impasse pericolosa", evidenzia il leader democratico del Senato, Harry Reid. "Non è l’accordo migliore del mondo – osserva lo speaker repubblicano della Camera, John Boehner – ma mostra come i repubblicani siano riusciti a cambiare i toni del dibattito".
Gli Usa tirano un sospiro di sollievo e ripartono. Alla ricerca di un futuro migliore.
A pochi giorni dalla deadline, la Casa Bianca e i leader del Congresso trovano l’accordo sull’aumento del tetto del debito.
Una soluzione osteggiata dal presidente Barack Obama, ma che comunque "mette fine alla crisi che Washington ha imposto all’America" e che "evita di ritrovarsi in una crisi simile fra 6,8 o 12 mesi".
Dopo settimane di discussione e confronti, ripensamenti e appelli, è stato, quindi, scongiurato il default degli Usa, quando ormai sembrava inevitabile l’apocalisse del 2 agosto.
E’ stato lo stesso Obama ad annunciarlo alla nazione, giusto 10 minuti prima dell’apertura della borsa di Tokyo: "i leader di entrambe le parti, in entrambe le camere, hanno raggiunto un accordo che riduce il disavanzo per evitare il default – un default che avrebbe avuto un effetto devastante sulla nostra economia".
Il presidente Usa aggiunge: "La prima parte dell’accordo taglierà le spese di 1.000 miliardi di dollari in dieci anni. Il risultato sarà il livello più basso di spesa nazionale da quando Dwight Eisenhower era presidente, ma a un livello che ci consentirà ancora di fare investimenti per creare occupazione in settori come l’istruzione e la ricerca. I tagli non avverranno velocemente, per non pesare sulla fragile economia".
L’accordo assicura a Obama un aumento del tetto del debito di 2.100 miliardi di dollari, "eliminando la necessità di ulteriori aumenti fino al 2013", scacciando lo spettro del default e rimuovendo l’incertezza dall’economia.
Ma è la seconda parte dell’accordo quella centrale. Obama, con una stoccata a repubblicani e democratici, ribadisce che "agli americani più ricchi e alle grandi aziende va chiesto di pagare il giusto, rinunciando agli sgravi fiscali e alle speciali deduzioni". Sono anche necessari "aggiustamenti modesti a programmi come il Medicare, per assicurare che resistano per le prossime generazioni".
"E’ per questo che la seconda parte dell’accordo è così importante – ha detto il presidente -. E’ prevista la creazione di una commissione bipartisan del Congresso che dovrà avanzare entro novembre una proposta per ridurre ulteriormente il deficit, proposta che sarà sottoposta al Congresso per il voto. In questa fase tutto sarà sul tavolo. Per renderci tutti responsabili dell’attuazione di queste riforme, tagli profondi andranno automaticamente in vigore se non agiremo".
"E’ questo l’accordo che preferivo? No – ha commentato Obama -. Ritengo che avremmo potuto fare subito le dure scelte richieste sul welfare e sulla riforma del sistema fiscale, invece che con una commissione speciale. Ma questo compromesso é un anticipo sulla riduzione del deficit di cui abbiamo bisogno, e offre a ogni partito l’incentivo per un piano bilanciato entro la fine dell’anno".
"E’ un accordo storico che mette fine a un’impasse pericolosa", evidenzia il leader democratico del Senato, Harry Reid. "Non è l’accordo migliore del mondo – osserva lo speaker repubblicano della Camera, John Boehner – ma mostra come i repubblicani siano riusciti a cambiare i toni del dibattito".
Gli Usa tirano un sospiro di sollievo e ripartono. Alla ricerca di un futuro migliore.
A pochi giorni dalla deadline, la Casa Bianca e i leader del Congresso trovano l’accordo sull’aumento del tetto del debito.
Una soluzione osteggiata dal presidente Barack Obama, ma che comunque "mette fine alla crisi che Washington ha imposto all’America" e che "evita di ritrovarsi in una crisi simile fra 6,8 o 12 mesi".
Dopo settimane di discussione e confronti, ripensamenti e appelli, è stato, quindi, scongiurato il default degli Usa, quando ormai sembrava inevitabile l’apocalisse del 2 agosto.
E’ stato lo stesso Obama ad annunciarlo alla nazione, giusto 10 minuti prima dell’apertura della borsa di Tokyo: "i leader di entrambe le parti, in entrambe le camere, hanno raggiunto un accordo che riduce il disavanzo per evitare il default – un default che avrebbe avuto un effetto devastante sulla nostra economia".
Il presidente Usa aggiunge: "La prima parte dell’accordo taglierà le spese di 1.000 miliardi di dollari in dieci anni. Il risultato sarà il livello più basso di spesa nazionale da quando Dwight Eisenhower era presidente, ma a un livello che ci consentirà ancora di fare investimenti per creare occupazione in settori come l’istruzione e la ricerca. I tagli non avverranno velocemente, per non pesare sulla fragile economia".
L’accordo assicura a Obama un aumento del tetto del debito di 2.100 miliardi di dollari, "eliminando la necessità di ulteriori aumenti fino al 2013", scacciando lo spettro del default e rimuovendo l’incertezza dall’economia.
Ma è la seconda parte dell’accordo quella centrale. Obama, con una stoccata a repubblicani e democratici, ribadisce che "agli americani più ricchi e alle grandi aziende va chiesto di pagare il giusto, rinunciando agli sgravi fiscali e alle speciali deduzioni". Sono anche necessari "aggiustamenti modesti a programmi come il Medicare, per assicurare che resistano per le prossime generazioni".
"E’ per questo che la seconda parte dell’accordo è così importante – ha detto il presidente -. E’ prevista la creazione di una commissione bipartisan del Congresso che dovrà avanzare entro novembre una proposta per ridurre ulteriormente il deficit, proposta che sarà sottoposta al Congresso per il voto. In questa fase tutto sarà sul tavolo. Per renderci tutti responsabili dell’attuazione di queste riforme, tagli profondi andranno automaticamente in vigore se non agiremo".
"E’ questo l’accordo che preferivo? No – ha commentato Obama -. Ritengo che avremmo potuto fare subito le dure scelte richieste sul welfare e sulla riforma del sistema fiscale, invece che con una commissione speciale. Ma questo compromesso é un anticipo sulla riduzione del deficit di cui abbiamo bisogno, e offre a ogni partito l’incentivo per un piano bilanciato entro la fine dell’anno".
"E’ un accordo storico che mette fine a un’impasse pericolosa", evidenzia il leader democratico del Senato, Harry Reid. "Non è l’accordo migliore del mondo – osserva lo speaker repubblicano della Camera, John Boehner – ma mostra come i repubblicani siano riusciti a cambiare i toni del dibattito".
Gli Usa tirano un sospiro di sollievo e ripartono. Alla ricerca di un futuro migliore.
A pochi giorni dalla deadline, la Casa Bianca e i leader del Congresso trovano l’accordo sull’aumento del tetto del debito.
Una soluzione osteggiata dal presidente Barack Obama, ma che comunque "mette fine alla crisi che Washington ha imposto all’America" e che "evita di ritrovarsi in una crisi simile fra 6,8 o 12 mesi".
Dopo settimane di discussione e confronti, ripensamenti e appelli, è stato, quindi, scongiurato il default degli Usa, quando ormai sembrava inevitabile l’apocalisse del 2 agosto.
E’ stato lo stesso Obama ad annunciarlo alla nazione, giusto 10 minuti prima dell’apertura della borsa di Tokyo: "i leader di entrambe le parti, in entrambe le camere, hanno raggiunto un accordo che riduce il disavanzo per evitare il default – un default che avrebbe avuto un effetto devastante sulla nostra economia".
Il presidente Usa aggiunge: "La prima parte dell’accordo taglierà le spese di 1.000 miliardi di dollari in dieci anni. Il risultato sarà il livello più basso di spesa nazionale da quando Dwight Eisenhower era presidente, ma a un livello che ci consentirà ancora di fare investimenti per creare occupazione in settori come l’istruzione e la ricerca. I tagli non avverranno velocemente, per non pesare sulla fragile economia".
L’accordo assicura a Obama un aumento del tetto del debito di 2.100 miliardi di dollari, "eliminando la necessità di ulteriori aumenti fino al 2013", scacciando lo spettro del default e rimuovendo l’incertezza dall’economia.
Ma è la seconda parte dell’accordo quella centrale. Obama, con una stoccata a repubblicani e democratici, ribadisce che "agli americani più ricchi e alle grandi aziende va chiesto di pagare il giusto, rinunciando agli sgravi fiscali e alle speciali deduzioni". Sono anche necessari "aggiustamenti modesti a programmi come il Medicare, per assicurare che resistano per le prossime generazioni".
"E’ per questo che la seconda parte dell’accordo è così importante – ha detto il presidente -. E’ prevista la creazione di una commissione bipartisan del Congresso che dovrà avanzare entro novembre una proposta per ridurre ulteriormente il deficit, proposta che sarà sottoposta al Congresso per il voto. In questa fase tutto sarà sul tavolo. Per renderci tutti responsabili dell’attuazione di queste riforme, tagli profondi andranno automaticamente in vigore se non agiremo".
"E’ questo l’accordo che preferivo? No – ha commentato Obama -. Ritengo che avremmo potuto fare subito le dure scelte richieste sul welfare e sulla riforma del sistema fiscale, invece che con una commissione speciale. Ma questo compromesso é un anticipo sulla riduzione del deficit di cui abbiamo bisogno, e offre a ogni partito l’incentivo per un piano bilanciato entro la fine dell’anno".
"E’ un accordo storico che mette fine a un’impasse pericolosa", evidenzia il leader democratico del Senato, Harry Reid. "Non è l’accordo migliore del mondo – osserva lo speaker repubblicano della Camera, John Boehner – ma mostra come i repubblicani siano riusciti a cambiare i toni del dibattito".
Gli Usa tirano un sospiro di sollievo e ripartono. Alla ricerca di un futuro migliore.
A pochi giorni dalla deadline, la Casa Bianca e i leader del Congresso trovano l’accordo sull’aumento del tetto del debito.
Una soluzione osteggiata dal presidente Barack Obama, ma che comunque "mette fine alla crisi che Washington ha imposto all’America" e che "evita di ritrovarsi in una crisi simile fra 6,8 o 12 mesi".
Dopo settimane di discussione e confronti, ripensamenti e appelli, è stato, quindi, scongiurato il default degli Usa, quando ormai sembrava inevitabile l’apocalisse del 2 agosto.
E’ stato lo stesso Obama ad annunciarlo alla nazione, giusto 10 minuti prima dell’apertura della borsa di Tokyo: "i leader di entrambe le parti, in entrambe le camere, hanno raggiunto un accordo che riduce il disavanzo per evitare il default – un default che avrebbe avuto un effetto devastante sulla nostra economia".
Il presidente Usa aggiunge: "La prima parte dell’accordo taglierà le spese di 1.000 miliardi di dollari in dieci anni. Il risultato sarà il livello più basso di spesa nazionale da quando Dwight Eisenhower era presidente, ma a un livello che ci consentirà ancora di fare investimenti per creare occupazione in settori come l’istruzione e la ricerca. I tagli non avverranno velocemente, per non pesare sulla fragile economia".
L’accordo assicura a Obama un aumento del tetto del debito di 2.100 miliardi di dollari, "eliminando la necessità di ulteriori aumenti fino al 2013", scacciando lo spettro del default e rimuovendo l’incertezza dall’economia.
Ma è la seconda parte dell’accordo quella centrale. Obama, con una stoccata a repubblicani e democratici, ribadisce che "agli americani più ricchi e alle grandi aziende va chiesto di pagare il giusto, rinunciando agli sgravi fiscali e alle speciali deduzioni". Sono anche necessari "aggiustamenti modesti a programmi come il Medicare, per assicurare che resistano per le prossime generazioni".
"E’ per questo che la seconda parte dell’accordo è così importante – ha detto il presidente -. E’ prevista la creazione di una commissione bipartisan del Congresso che dovrà avanzare entro novembre una proposta per ridurre ulteriormente il deficit, proposta che sarà sottoposta al Congresso per il voto. In questa fase tutto sarà sul tavolo. Per renderci tutti responsabili dell’attuazione di queste riforme, tagli profondi andranno automaticamente in vigore se non agiremo".
"E’ questo l’accordo che preferivo? No – ha commentato Obama -. Ritengo che avremmo potuto fare subito le dure scelte richieste sul welfare e sulla riforma del sistema fiscale, invece che con una commissione speciale. Ma questo compromesso é un anticipo sulla riduzione del deficit di cui abbiamo bisogno, e offre a ogni partito l’incentivo per un piano bilanciato entro la fine dell’anno".
"E’ un accordo storico che mette fine a un’impasse pericolosa", evidenzia il leader democratico del Senato, Harry Reid. "Non è l’accordo migliore del mondo – osserva lo speaker repubblicano della Camera, John Boehner – ma mostra come i repubblicani siano riusciti a cambiare i toni del dibattito".
Gli Usa tirano un sospiro di sollievo e ripartono. Alla ricerca di un futuro migliore.
A pochi giorni dalla deadline, la Casa Bianca e i leader del Congresso trovano l’accordo sull’aumento del tetto del debito.
Una soluzione osteggiata dal presidente Barack Obama, ma che comunque "mette fine alla crisi che Washington ha imposto all’America" e che "evita di ritrovarsi in una crisi simile fra 6,8 o 12 mesi".
Dopo settimane di discussione e confronti, ripensamenti e appelli, è stato, quindi, scongiurato il default degli Usa, quando ormai sembrava inevitabile l’apocalisse del 2 agosto.
E’ stato lo stesso Obama ad annunciarlo alla nazione, giusto 10 minuti prima dell’apertura della borsa di Tokyo: "i leader di entrambe le parti, in entrambe le camere, hanno raggiunto un accordo che riduce il disavanzo per evitare il default – un default che avrebbe avuto un effetto devastante sulla nostra economia".
Il presidente Usa aggiunge: "La prima parte dell’accordo taglierà le spese di 1.000 miliardi di dollari in dieci anni. Il risultato sarà il livello più basso di spesa nazionale da quando Dwight Eisenhower era presidente, ma a un livello che ci consentirà ancora di fare investimenti per creare occupazione in settori come l’istruzione e la ricerca. I tagli non avverranno velocemente, per non pesare sulla fragile economia".
L’accordo assicura a Obama un aumento del tetto del debito di 2.100 miliardi di dollari, "eliminando la necessità di ulteriori aumenti fino al 2013", scacciando lo spettro del default e rimuovendo l’incertezza dall’economia.
Ma è la seconda parte dell’accordo quella centrale. Obama, con una stoccata a repubblicani e democratici, ribadisce che "agli americani più ricchi e alle grandi aziende va chiesto di pagare il giusto, rinunciando agli sgravi fiscali e alle speciali deduzioni". Sono anche necessari "aggiustamenti modesti a programmi come il Medicare, per assicurare che resistano per le prossime generazioni".
"E’ per questo che la seconda parte dell’accordo è così importante – ha detto il presidente -. E’ prevista la creazione di una commissione bipartisan del Congresso che dovrà avanzare entro novembre una proposta per ridurre ulteriormente il deficit, proposta che sarà sottoposta al Congresso per il voto. In questa fase tutto sarà sul tavolo. Per renderci tutti responsabili dell’attuazione di queste riforme, tagli profondi andranno automaticamente in vigore se non agiremo".
"E’ questo l’accordo che preferivo? No – ha commentato Obama -. Ritengo che avremmo potuto fare subito le dure scelte richieste sul welfare e sulla riforma del sistema fiscale, invece che con una commissione speciale. Ma questo compromesso é un anticipo sulla riduzione del deficit di cui abbiamo bisogno, e offre a ogni partito l’incentivo per un piano bilanciato entro la fine dell’anno".
"E’ un accordo storico che mette fine a un’impasse pericolosa", evidenzia il leader democratico del Senato, Harry Reid. "Non è l’accordo migliore del mondo – osserva lo speaker repubblicano della Camera, John Boehner – ma mostra come i repubblicani siano riusciti a cambiare i toni del dibattito".
Gli Usa tirano un sospiro di sollievo e ripartono. Alla ricerca di un futuro migliore.
Discussione su questo articolo