Fabio Finotti, professore padovano da decenni a Trieste, dove insegna Letteratura italiana all’Università, è stato nominato direttore per chiara fama dell’Istituto italiano di Cultura di New York, che dal 1961 opera con l’obiettivo di promuovere, sotto l’egida del ministero degli Esteri, il meglio di quanto il nostro Paese possa esprimere nelle arti e nelle scienze.
Dunque tra pochi giorni, nello scintillio elegante di Park Avenue, in una palazzina in stile neogeorgiano-neofederale, sbarcherà un pezzo di Trieste, in uno dei più prestigiosi avamposti della cultura made in Italy negli Stati Uniti.
L’IIC di New York è senza dubbio un anello di congiunzione importante – scrive Il Piccolo oggi in edicola – tra le due sponde dell’Atlantico, in un momento particolare e complesso, con la pandemia che non allenta la presa e il prossimo cambio al vertice della Casa Bianca.
“Inizierò il 19 gennaio – dice Finotti a Il Piccolo – e lavorerò con una quindicina di persone, tutte molto preparate. L’Istituto, precedentemente guidato da Giorgio van Straten, è rimasto per quasi un anno e mezzo senza direttore, retto da un funzionario capace come Paolo Barlera”.
Il dialogo tra generazioni sara’ il denominatore comune dei prossimi progetti dell’Istituto italiano di Cultura di New York, visto che la “pandemia ha messo in luce la necessita’ che tra le generazioni vi sia maggiore solidarieta’”, spiega Finotti.
Finotti e’ anche professore emerito di Italian Studies alla Pennsylvania University di Philadelphia.
Oltre a quelli che esaltino “la grandezza dell’ Italia”, il docente ha in mente progetti di teatro, letteratura, moda, scienza e tecnica. E ci sara’ anche un po’ di Trieste, esempio “straordinario” del superamento di “frontiere e steccati, non solo geografici, ma anche anagrafici, culturali”.
Eventi nuovi, da diffondere con metodologia nuova: “Lockdown, chiusure, distanziamento ci hanno costretti a mettere in campo innovazioni che possono rappresentare delle opportunita’. Pensiamo a grandi eventi come la Prima della Scala o il festival Donizetti Opera di Bergamo: non hanno mai avuto cosi’ tanti spettatori all’estero”. In futuro “potranno coesistere diverse tipologie di fruizione della cultura”.