I sondaggi danno una perfetta parità tra Kamala Harris e Donald Trump. Gli ultimi giorni delle elezioni sono anche quelli in cui la polarizzazione aumenta. Kamala Harris, per motivare il suo elettorato, ha iniziato a dire che Trump è fascista, un’accusa che i democratici avevano messo nel cassetto dopo gli attentati, ma ora ritorna in auge.
Obama sta facendo la campagna elettorale al posto di Kamala Harris, è apparso anche Eminem al suo lato, e probabilmente prima o poi arriverà anche Beyoncé. Trump dal canto suo ha partecipato al podcast piu’ seguito d’America, quello con Joe Rogan, e sta cercando di consolidare il suo appeal soprattutto sul maschio povero e marginalizzato d’america.
Kamalla Harris ha tre volte piu’ soldi di Trump da spendere in campagna elettorale, tre volte piu’ attivisti che vanno a bussare porta a porta, tutto lo spettro mediatico a suo favore (tranne Fox News e NYpost), un partito forte e radicato come quello democratico, tanti vip, tanti politici di alto spessore come Obama e Bill Clinton, eppure. Eppure non sfonda.
A questo punto della campagna elettorale doveva avere almeno quattro o cinque punti su Trump di vantaggio.
La campagna elettorale di Trump è tutta dal basso, avviene sui social, avviene come movimento spontaneo che in Europa è difficile da capire, e incarna due correnti molto forti e tradizionali d’America. Il movimento conservatore che ha una vocazione morale cristiana e il movimento libertario che vuole ridurre tasse e Stato (io appartengo a quest’ultimo). Un mix esplosivo che gli garantisce un bel numero di voti.
Eppure la domanda rimane: perché Trump. Perché un personaggio così discutibile, a cui non affideresti le chiavi dell’auto, è diventato così centrale nella politica americana. Lo ha detto bene Obama: “Se vostro nonno si comportasse come Trump, vi preoccupereste”. Eppure la politica è questo: ci sono occasioni storiche inaspettate, che si rivelano attraverso personaggi inaspettati. Magari peculiari, magari insopportabili. Eppure è così che funziona. Ciò che conta è il movimento che c’è alla base.
Una giornalista di sinistra è andata ad un rally di Trump, ed ha scoperto una cosa che non si aspettava: ha trovato gente normale. Pensiamo che l’elettore di Trump sia come quel pazzo con le corna che ha assaltato Capitol Hill. Invece no.
C’è il padre di famiglia che si alza al mattino e va a lavorare, il pensionato, lo studente libertario, l’imprenditore. Parliamo di metà degli Stati Uniti, non una minoranza di pazzi complottisti. Magari gente poco interessata alla questione “gender”, che sente lontana, e più preoccupata dai prezzi delle uova.
Una grande massa silenziosa, che anche se Trump dovesse perdere, esiste, c’è, e di cui bisogna tenere conto.
E poi c’è quel dato che dovrebbe far rabbrividire il partito Democratico: Trump è adulato da una massa di ultimi e penultimi che dovrebbero essere l’elettorato naturale della sinistra, e invece si sentono rappresentati da un milionario sopra le righe, moralmente discutibile, e anche un po’ truffaldino.