Il problema dell’eccessiva pesantezza dello Stato che si ripercuote nella vita economica del Paese viene sempre più spesso e da più parti sottolineato. Lo evidenzia l’ultima indagine di AnalisiPolitica. Allo stesso modo, dalla maggioranza delle categorie della realtà produttiva italiana non sono mai venute meno dichiarazioni riferibili alla volontà e alla soppesata capacità di potere continuare a competere sui mercati, nonostante oggettive difficoltà quali la concorrenza asiatica o un sistema infrastrutturale non a livello di altri paesi produttori.
Questi due concetti oltre che in chiave macroeconomica, possono essere letti secondo una visione sociologica, cioè di quella scienza che studia i fenomeni degli individui che aggregandosi per intenti comuni formano una società.
Per rappresentare queste ipotesi e traslarle nella pubblica opinione italiana, sono stati utilizzati due quesiti specifici, sottoposti in maniera identica a campioni rappresentativi di popolazione adulta nel 2012 e nel 2011. Lo Stato ha o non ha troppo potere sui cittadini? E io, come singolo, posso fare di più se fossi in qualche modo meno vincolato?
Più di due terzi degli italiani ritiene che vi sia un eccesso di capacità invasiva dello Stato sulla cittadinanza. Questo dato è aumentato di quasi venti punti percentuali rispetto allo scordo anno, passando dal 50% al 69%. E’ da notare, inoltre, che mentre nel 2011 il pensiero era trasversale per tutta la nazione, oggi si riscontrano forti accentuazioni nelle regioni con Pil più alto, che sono quelle del Nord più la Toscana, e nella fascia di popolazione che ha maggiore incidenza produttiva, quella dei 35-55enni, con livelli di scolarizzazione medi.
Tra i partiti, invece, non sembra esserci una particolare tendenza a destra o a sinistra; e come oggi anche lo scorso anno. Cambia invece ed in maniera sensibile, il dato rilevato tra coloro che intendono astenersi (oggi nei sondaggi attorno al 15%). Mentre nel 2011 chi riteneva che lo Stato avesse troppo potere era al 41%, oggi è al 78%. Quasi il doppio: una buona indicazione per chi studia l’antipolitica.
Anche coloro che “potrebbero fare i più se non ci fosse sempre qualcun altro che glielo impedisce” crescono da un anno all’altro: si passa dal 32% al 47%, 15 punti. In questo caso, rispetto a quello precedente, la percentuale risulta sempre più alta della media nazionale nelle regioni con Pil basso. E’ nel Sud, quindi, che più che altrove, si vorrebbero liberare quelle energie inespresse che oggi si sentono in qualche modo impedite a fuoriuscire.
C’è ancora differenza, rispetto al quesito precedente, quando si guardano i partiti politici. Se nella maggior parte delle formazioni ci si sente “in grado di poter fare di più”, vi sono alcuni partiti riconducibili all’area della sinistra intransigente, anche se con anime differenti, che non lo sono: i Grillini (91% contrari), Sel (82%), Federazione della Sinistra (75%).
Un’Italia inaspettata? Non crediamo. Un’Italia che riconosce l’intervento dello Stato in economia (il 48% non è contrario dell’intervento dello Stato in economia) ma solo quando ciò non comporti dispendio di risorse pubbliche e dove vi siano situazioni di difficoltà non risolvibili con l’intervento di attori privati. Un’Italia non antistatalista, dunque, ma certamente favorevole a delimitare i campi di intervento del settore pubblico. Un’Italia con scolarizzazione media, un’Italia del Nord e del Sud, un’Italia di età dedicata alla costruzione della propria indipendenza e sicurezza economica. Un Italia politicamente trasversale, che anzi, cerca di tenere fuori gi estremi (soprattutto di sinistra). Non un’elité intellettuale, comunque, ma una forza popolare. Non un’Italia inaspettata, ma solo un’Italia che, sempre in maggior misura, “vuole fare di più”.
Discussione su questo articolo