Quando vidi la Costa Concordia riversa sugli scogli, non ho potuto fare a meno di pensare alla possibilità che si ripetesse un incidente di navigazione di cui sono stato testimone, occorso ad una ben più piccola nave, proprio nel cuore di Venezia. Era verso la fine del ’65: sembrava che tutti gli elementi atmosferici più devastanti si fossero messi d’accordo per farla esplodere a Venezia, nel Canale della Giudecca, che divide, con i suoi 300 metri di larghezza, la città dall’omonima isola. Incominciò tutto con una bufera di vento, poi grandine e pioggia di traverso, con tale intensità, che dalle quadrifore del mio Studio di pittura alla Giudecca non si vedeva neanche la sponda opposta delle Zattere. All’improvviso, la stanza si oscurò completamente. Pensai ad un nero nuvolone, invece vidi comparire con immensa sorpresa enormi lettere bianche su un fondo nero che scorrevano da sinistra a destra. Quella scritta apparteneva alla poppa di una nave che stava manovrando in emergenza a pochi metri dal mio balcone.
Una petroliera di un centinaio di metri stava ruotando su se stessa, sospinta dal vento, sfiorando la riva con la sua immensa poppa. A causarle quella strana manovra poteva essere stata un’anomalia tecnica, ma più probabilmente il fatto che la nave fosse completamente priva di carico, l’enorme opera morta esposta – fiancate fuori dall’acqua – aveva causato una pericolosa resistenza alla forza del vento (allora il canale della Giudecca portava a Porto Marghera dove effettuavano i carichi di combustibili; ora vi è un canale nuovo). La tempesta di vento, infatti, era talmente forte che qualsiasi tipo di governo risultava vano, col risultato che la nave scarrocciava inesorabilmente verso la riva. I rimorchiatori, allora, col fine di evitare il peggio, decisero conseguentemente di assecondare l’inversione di marcia, trainando la nave da prua, evitando, così, almeno, di farla entrare con la poppa dentro le case rivierasche. Fu una manovra eccezionale: la petroliera e i suoi rimorchiatori occupavano di traverso gran parte del canale, fin quando invertirono la rotta per tornare indietro. Il caso volle che traffico marittimo in quel momento non ce ne fosse per le terribili condizioni meteo e così la cosa fu sottaciuta, forse perché pochi se ne accorsero, ma Venezia, in quel giorno terribile, rischiò una catastrofe inimmaginabile.
Considerando che a Venezia il Campanile di San Marco è alto 98 metri ed è chiamato: “El paròn de casa” e con il termine “grattacieli” sono identificate alcune case sopraelevate a sei piani, per necessità abitative, nel ghetto ebraico, … domando: e se oggi una nave lunga 300 metri e alta 52 avesse un’avaria in quel punto con le stesse condizioni meteo, cosa potrebbe succedere?
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