Amante della buona letteratura, Matteo Grimaldi ha 26 anni e vive a L’Aquila. Gestisce un blog dal titolo “La stanza del matto”, dove alterna divertenti deliri quotidiani a riflessioni su ciò che giornalmente colpisce i suoi occhi. E, dopo aver divorato i libri di Italo Calvino, Andrea De Carlo, Niccolò Ammaniti, Isabella Santacroce, Stefano Benni e Alessandro Baricco, ne ha scritto uno: “Una valigia tutta sbagliata”, Ed.ET/ET, che è una piccola meraviglia, incentrato sul tema eterno del viaggio come metafora della vita, con tutti gli scogli da evitare e le tempeste da fronteggiare, scogli e tempeste che sono quelli che ogni uomo contemporaneo deve affrontare nell’oceano delle contraddizioni, delle incomprensioni e delle tragedie quotidiane, causate anche dai terribili quanto imprevisti moti della Natura che, “madre di parto e di voler matrigna” – Leopardi docet -, ci aggredisce seminando morte e infinito dolore ed elargendo come unico dono un grande senso di impotenza.
A questo senso di impotenza si aggiunge l’amarezza di chi vede che “negli occhi della gente non è cambiato nulla” (pag. 54), nonostante le tendopoli e le mense che distribuiscono pasti caldi, perché chi ha perso tutto deve comunque trovare la forza di ricominciare e di mantenere la propria dignità, messa a nudo dalle pastoie burocratiche e dalle ombre che aleggiano sempre, purtroppo, nelle ricostruzioni post-terremoto.
Il viaggio di cui ci parla Grimaldi è anche quello che attende ogni uomo e per cui è partito il caro nonno dell’Autore, il cui viaggio è iniziato quando è terminato quello del nonno, impresso nella memoria come “bagaglio di armi protettive” (pag.63); è la tempesta scatenatasi quando il tuo miglior amico ti tradisce con la tua ragazza; è il chiudersi in una stiva buia come l’anima di Alberto; è il silenzio di chi vuol comunicare solo per sms; è la scelta di un metaforico porto come la città di Firenze, “meta della fuga programmata da anni e decisa da un terremoto” (pag. 42), pur di andare lontano, pur di non tornare nella sua L’Aquila, dove la terra ha tremato per venti interminabili secondi. Brevi racconti ma densi e carichi di significato, incisivi nell’essenzialità del linguaggio, forti nelle tematiche che propongono, tremendamente attuali e, non ultimo, portatori di interrogativi profondi e privi di alibi, come solo ogni tragedia individuale e collettiva può suscitare.
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