Mi hanno spifferato che, qualche giorno fa, in uno dei ristoranti più rinomati romani di pesce, Matteo Renzi disinvoltamente si è abbuffato con una pasta all’aragosta. A pranzo! A pranzo?!? Chiedo scusa all’ex premier e ai lettori per questa futile – in apparenza – chiacchiera gastronomica, ma i motivi d’interesse sono almeno quattro.
1. Il filotto culinario è stato aperto da Calenda e Zingaretti: ormai esiste, non è colpa mia se diventerà un tormentone.
2. Aragosta a pranzo è segno di un buon appetito: se sarà limitato alla cucina, è apprezzabile.
3. Anche la disinvoltura mi piace, Matteo mi sta diventando simpatico: si infischiava degli sguardi basiti che lo fulminavano dagli altri tavoli.
4. Anch’io sono, con evidenza, invidioso. Per di più sono allergico ai crostacei (che mi piacerebbero un botto). Non solo: purtroppo anche il mio portafoglio è allergico alle banconote, indispensabili per aragoste in un ristorante di élite.
In conclusione, sono forse meschino? Confesso, non posso escluderlo. E mi rimetto alla clemenza dei lettori.