Ma perché si va ancora a votare? Giorgia Meloni aveva promesso una politica di cambiamento e mi pare cerchi di mantenerla pur tra attacchi e critiche politiche, ma in Italia non è la “politica” a contare, sono i Magistrati.
Se si vota una legge per i pre-controlli in Albania alcuni giudici non la osservano, la bloccano e dicono di no, se si vuol cambiare la Costituzione (pur con tutto il percorso previsto) altri giudici dicono di no, se rispetti il diritto di sciopero ma vuoi tutelare anche i diritti degli altri cittadini interviene il TAR e dice di no.
Se hai rallentato gli sbarchi (Salvini, allora ministro) vai a processo e rischi condanne (l’allora premier Conte no, e questa è somma ipocrisia).
Se metti dei punti nel programma elettorale, prendi i voti e quindi cerchi di applicare – per esempio – la separazione delle carriere dei magistrati, i giudici scioperano e dicono di no.
Ma come si può mai cambiare un paese se appena provi a cambiare qualcosa il Parlamento e il Governo non contano più niente e conta solo la Magistratura? Per di più quella che si auto-indigna sostenendo che la “politica non deve invadere l’autonomia dei magistrati”
Ma alcuni di loro non fanno forse politica, direttamente e tramite le loro decisioni? Però i magistrati non li elegge nessuno. Anche per questo la metà degli elettori poi resta a casa, non solo per la disaffezione verso la politica!
Intanto in politica è in atto un affollamento al centro (sinistra). Sui social gira un bellissimo video (con relativa canzoncina) che prende in giro il PD che vuole essere di sinistra “ma non troppo”, verde “ma fino ad un certo punto”, per la pace “ma anche un pochino per la guerra” e avanti così.
La realtà vera è che in Italia – da trent’anni in qua – il peso politico-elettorale del centrosinistra e del centrodestra si equivale e quindi vince sempre chi riesce a mettere insieme i pezzi meglio dell’avversario superandolo in volata, magari anche solo per il tempo di una campagna elettorale.
Dopo che il fu M5S si è ridimensionato ad essere sottocorrente del PD – checché ne dica Conte – è evidente che proprio per i Democratici, con il loro eterno problema della “sinistra ma non troppo” si pone il problema di trovare un modo convincente per aggregare quell’elettorato moderato che sta più o meno a metà strada e che, se conquistato, permetterebbe alla Schlein & C. di raggiungere l’agognata maggioranza.
Serve quindi quel “centro un pochino di sinistra” da arruolare (e sfruttare) nel modo più opportuno.
“Elementare, Wadson!”, ma il problema è che sono in tanti a proporsi come facilitatori, leader, confederatori, unificatori e geometri per costruire quel “qualcosa di sinistra” che però guardi al centro (o viceversa) perché – diciamocelo chiaramente – essere l’ago della bilancia è il sogno agognato da ogni politico che – ma per ragioni solo ideali, per carità! – riesca a piazzarsi a comandare al momento giusto quel magari numericamente piccolo, ma fondamentale bastimento.
L’area quindi è sempre affollatissima di vecchi e nuovi potenziali candidati e altri ne arriverebbero non appena soffiasse un venticello, magari anche solo leggero ma di tendenza, che segnali difficoltà per la premiata ditta Meloni & C.
Giusto per essere chiari, non ci vedreste magari una come la Letizia Maria Brichetto Arnaboldi (in arte Letizia Moratti), a fare un piccolo ri-ri-riribaltitino se gliene si offrisse l’occasione e soprattutto l’opportunità?
Ma torniamo ai capi (e capetti) che navigano nell’area e si guardano intorno, tanto ormai l’80% degli italiani sono “liberal-democratici” – e quindi potenzialmente arruolabili – visto che il termine non dice più assolutamente niente.
Capetti che prima cosa devono sgomitare per tenere o conquistare posizioni.
In primis il sindaco di Milano Beppe Sala che a 18 mesi dalla fine del suo mandato annusa già l’aria per decidere dove e con chi schierarsi, ma anche – fresco fresco – quel talentuoso Ernesto Maria Ruffini, direttore dell’Agenzia delle Entrate, che da qualche giorno si è di fatto proposto come possibile federatore. Il diretto interessato smentisce (e quando mai uno non smentisce?) ma in politica smentire oggi e confermare domani è un gioco da ragazzi. Sala lo considera “una persona di grandissimo valore” e “decisamente bravissimo” e quindi ha già fiutato un suo potenziale concorrente.
Il vantaggio di stare al centro “ma un pochino di sinistra” è che si può infatti sostenere tutto e l’esatto contrario, in un ragù dove le varianti della ricetta sono infinite a seconda della parrocchia di provenienza e di arrivo e si è ben visti “a prescindere” da una infinità di commentatori e gazzettieri.
La Schlein osserva compiaciuta ma già è anche un po’ preoccupata, perché se poi il sinistra-centro-sinistra nascesse davvero o lei si piazza subito sul ponte di comando o dovrebbe far navigare il suo PD su posizioni più chiare e quindi fatalmente più a sinistra con il rischio di perdere pezzi dentro e fuori il partito. Si è però dimostrata abile negli slalom su tutti i temi grazie anche ai tanti media compiacenti e ci riproverà: Parigi val bene una Messa.
Comunque con il nuovo anno la campagna-acquisti sarà ufficialmente aperta, riappare sulla scena Romano Prodi mentre da Letta a Franceschini a Rosy Bindi (co-sponsor di Ruffini) ci si guarda in giro, magistrati disponibili e arruolabili si trovano sempre, così come le testate amiche da La Stampa a Repubblica, da La7 a Nove pronte a cantare nel coro, magari sperando che intanto la Meloni e la sua corte abbiano qualche inciampo: sperare non costa niente e fa passare bene le feste.