Massimo Romagnoli, fondatore e presidente del Movimento delle Libertà, ha presentato a Roma, presso la sala stampa della Camera dei Deputati, il suo libro “Un innocente in trappola. Il mio viaggio all’inferno nelle carceri americane” (Male Edizioni 2018).
Già deputato di Forza Italia, tra il 2006 e il 2008, oggi Romagnoli è candidato alla Camera dei Deputati con il suo MdL nella ripartizione estera Europa.
ItaliaChiamaItalia ha raccontato più volte sulle proprie pagine l’esperienza di Massimo Romagnoli, che lui stesso definisce “surreale”, iniziata con l’arresto a Podgorica, in Montenegro, con l’accusa infamante di traffico d’armi e terrorismo internazionale (poi ridimensionata in Voluntary Ignorance) e terminata con la completa assoluzione.
Andrea Verardi, che oltre a mediare l’incontro con la stampa presso Montecitorio ha anche collaborato con il presidente MdL alla stesura del libro, sottolinea: “Una storia al limite dello stato di diritto che dovrebbe essere garantito a qualunque cittadino, che sia o meno un politico”.
Quello di Romagnoli è un libro che affonda le sue radici nei diari scritti nelle varie carceri americane in cui l’ex deputato è stato di volta in volta trasferito, in un’odissea che in Italia è passata per lo più sotto silenzio, eccetto il sensazionalismo dei primi giorni dopo l’arresto.
“Questo libro – sostiene Verardi esprimendo il pensiero di Romagnoli, seduto al suo fianco – è la prima tappa di un percorso di rinascita. Alla faccia di quanti, durante questa esperienza, gli hanno voltato le spalle”.
Il riferimento non è solamente ai presunti amici che, al momento del bisogno, si sono dileguati, ma soprattutto alle istituzioni e alla diplomazia italiana, che in una situazione delicata come quella venutasi a creare il 16 dicembre 2014 non ha saputo (o voluto, sembra alludere Verardi) intervenire.
Lo ricordiamo molto bene, del resto, anche noi di ItaliaChiamaItalia. Quando in passato abbiamo cercato anche solo un piccolo sostegno che potesse servire a sbloccare la situazione del detenuto italiano Romagnoli, ci siamo trovati davanti – non sempre, per fortuna – persone che si giravano dall’altra parte.
“Ripensare alla storia di Massimo – sostiene Verardi – è qualcosa che lascia mortificati. Non solo per le violenze psicologiche cui è stato sottoposto nei primissimi giorni di prigionia, ma soprattutto per l’eclatante mancanza di garantismo”.
Protagonisti del libro, oltre all’autore, alcune figure che in questa vicenda hanno giocato un ruolo fondamentale: “Prima di tutto mia madre – commenta con commozione Romagnoli, prendendo la parola – ma soprattutto l’avvocato Alessandra De Blasio, senza la quale, probabilmente, la mia permanenza nelle carceri americane sarebbe durata più a lungo”.
È stata lei, infatti, a battersi al fianco di Romagnoli, in sostituzione di chi veramente avrebbe dovuto difenderlo da un’accusa infamante (Voluntary Ignorance, per cui – in primo grado – era stato condannato a 48 mesi). Un viaggio all’inferno e ritorno. “Quello che fa più male – dice il presidente di MdL – è che al mio arresto tutti gli organi di stampa ne hanno dato notizia, mentre quasi nessuno ha riportato la mia scarcerazione da innocente. La mia unica colpa è stata quella di fidarmi di chi consideravo degli amici, ma da questa esperienza ho imparato molto. In carcere – ironizza – ho imparato l’inglese, ma ho avuto anche molto tempo per pensare a concetti come la libertà, la religione, la politica. E se non sono crollato, è stato per amore dei miei figli. Questo libro l’ho scritto principalmente per loro”.
LA VICENDA
Tutto inizia a Podgorica ormai quasi 4 anni fa. Oltre a essere un politico di Forza Italia, Romagnoli è anche un rampante imprenditore. Attraverso degli amici americani, conosciuti nel corso di alcune cene, viene contattato da due broker romeni che, conoscendo i suoi contatti nel mondo del commercio delle armi, gli propongono di entrare in un affare riguardante l’acquisto di braccialetti elettronici per detenuti. L’affare sembra rispettare tutti i crismi della legalità, così come la documentazione. In più – e a dirlo è Romagnoli stesso – i due romeni gli sono stati introdotti bene da persone di cui si fida.
Nel dicembre 2014, a margine della faccenda dei braccialetti, si presenta l’opportunità di un altro affare: uno dei due broker romeni propone a Romagnoli di incontrare due colombiani interessati all’acquisto di arsenale difensivo, anche loro due broker. L’ex deputato accetta ma è in questo momento che scatta la trappola.
I due broker colombiani sono in realtà due agenti sotto copertura della DEA americana. Mentre i due romeni fanno perdere le loro tracce, Romagnoli viene arrestato e portato in una stazione di polizia a Podgorica, dove viene interrogato senza la possibilità di chiamare il suo avvocato, né di telefonare all’ambasciata. Dopo pochi giorni l’estradizione negli Stati Uniti, prima tappa il Metropolitan Correctional Center di New York, primo di una serie di carceri in cui, nel corso dei 32 mesi di prigionia, verrà trasferito, fino alla scarcerazione e al suo ritorno in Italia.