Lo so, in questo particolare momento da molti viene visto come il rappresentante di ciò che la politica non dovrebbe essere. Voi dite pure quello che volete, ma ieri, a Ballarò, su Rai Tre, Denis Verdini, il tanto chiacchierato senatore, fondatore e leader di Ala, ha saputo tenere testa alle monotone teorie del solito Marco Travaglio con una determinazione sorprendente per un personaggio così discusso e discutibile. Insomma, ha mostrato chiaramente di avere fegato. E a noi piace chi ha fegato.
Non ha rinnegato l’esperienza vissuta al fianco di Berlusconi, anzi. Con Silvio "abbiamo cambiato l’Italia", ha detto. Beh, che ci abbiano almeno provato non c’è dubbio. Sta agli italiani decidere se ci siano riusciti o meno. Poi ha rivendicato con orgoglio il sostegno al governo di Matteo Renzi, pur dichiarando di non avere interesse a entrare in maggioranza (e su questo punto soprassediamo). Un sostegno convinto, "perché questa legislatura è nata per fare le riforme e questo Paese va portato nel futuro".
Il Verdini pensiero per quanto riguarda Renzi è diametralmente opposto a quello, per esempio, di Renato Brunetta, capogruppo forzista alla Camera: per il leader Ala rompere il patto del Nazareno è stata "una follia", un errore. Per questo e’ avvenuto lo strappo col partito di Arcore. I processi a suo carico? Non è sembrato preoccupato. Continua a mostrarsi sicuro che finiranno nel nulla e che alla fine del percorso processuale tutto si sgonfierà.
Verdini è un personaggio bizzarro e camaleontico. Per alcuni è il Giulio Andreotti della Terza Repubblica, per altri il diavolo in Parlamento. C’è anche chi ha denunciato negli anni scorsi il "sistema Verdini", il "mercato delle vacche in Parlamento". Il senatore non è un santo, si è capito. Ma i santi stanno in cielo, non certo a Montecitorio o a palazzo Madama. Pur di portare avanti le riforme in cui crede, ha chiuso con Berlusconi dopo un’amicizia ventennale, si è creato un partito proprio, e ora di fatto ha più potere di Angelino Alfano per ciò che riguarda la tenuta del governo. Silvio forse avrebbe dovuto ascoltarlo e mettere il proprio cappello sulle riforme costituzionali per restare protagonista e partecipare del cambiamento. Ma ormai è tardi per questo. Gli errori della sua strategia politica alternante stanno dando ragione a Verdini.
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