A meno di una settimana dagli annunciati referendum indipendentisti, previsti domenica prossima nelle due regioni ucraine orientali di Donetsk e Lugansk, la macchina organizzativa e’ in piena attivita’: si stampano le schede, si formano le commissioni elettorali, si precettano gli scrutatori. I separatisti filorussi sono decisi a tenere la consultazione anche tra barricate, assedi e scontri con l’esercito di Kiev, che sta intensificando la sua operazione proprio nel timore che un referendum, per quanto illegittimo e irregolare, possa produrre uno scenario analogo a quello della Crimea.
Ci sono tuttavia delle differenze. Nella penisola sul Mar Nero circa il 70% e’ di etnia russa e il voto, anche se rimane controverso, si e’ svolto in una situazione di calma, assicurata dalle truppe russe. Nel sud-est, invece, i cittadini di etnia russa sono maggioranza per lingua e cultura ma non nei numeri. A Dnipropetrovsk, per esempio, secondo l’ultimo censimento (2001) sono ‘solo’ il 23,5%, nella regione di Kharkov rappresentano un quarto della popolazione. Odessa e’ una citta’ russa ma solo il 30% si e’ dichiarato di etnia russa. Qui, infatti, non sono annunciati referendum separatisti. Ma anche dove si prevede di votare l’etnia russa non e’ maggioranza: il 48,8% a Donetsk, e nell’omonima regione si scende al 38,2%, percentuale analoga a quella della regione di Lugansk (39%).
La diversa composizione etnica rende piu’ difficile un intervento militare russo e una eventuale annessione. I referendum, inoltre, non avranno certo il crisma del voto libero e trasparente: gli organizzatori non dispongono di liste elettorali aggiornate (Kiev ha bloccato i database), non hanno ancora annunciato dove saranno allestiti i seggi o come arriveranno le schede nelle localita’ assediate dall’esercito governativo, compongono le commissioni elettorali solo con membri filorussi. Difficile poi coinvolgere in modo corretto e ampio un elettorato che conta 3,2 milioni di aventi diritto nella regione di Donetsk e 1,8 milioni in quella di Lugansk.
Certo, ai separatisti bastera’ forse far vedere la schiacciante maggioranza di si’ al quesito ”sostenete l’atto di proclamazione dell’autonomia statale della Repubblica Popolare di Donetsk?” o ”della Repubblica di Lugansk”. Ma non e’ detto che basti al Cremlino, sempre attento a non violare la forma. L’11 maggio, inoltre, in queste due regioni e’ annunciato anche una sorta di ”contro referendum” promosso e finanziato da oligarchi locali: il singolare quesito sara’ sul sostegno o meno alla proposta di unirsi a Dnipropetrovsk in una macroregione dell’est ma nell’ambito di una Ucraina unita. Sara’ quindi guerra anche a colpi di referendum.
Discussione su questo articolo