Il Sottosegretario agli Esteri Benedetto Della Vedova (+Europa) è intervenuto a Cusano Italia Tv, intervistato da Aurora Vena in merito alla situazione in Ucraina e alla posizione dell’Italia e dell’Europa nel conflitto.
Pessimismo e preoccupazione. “Condivido il pessimismo di Macron e la sua preoccupazione è comprensibile. Più che pessimismo è realismo. La preoccupazione deriva da quello che vediamo accadere in Ucraina. Dal fatto che Putin sta incontrando una resistenza degli ucraini che non si aspettava”.
L’irrazionalità di Putin. “L’irrazionalità che ha portato Putin a questa invasione contraria al diritto internazionale, nel momento in cui incontra difficoltà impreviste e comunque disponendo di un dispositivo militare comparabilmente superiore a quello ucraino, potrebbe spingere e usare ancora più potenza e generare più violenza. La preoccupazione è assolutamente comprensibile da parte di Macron.
Condanna a Putin e sostegno a Zelensky: “L’Ucraina è un paese autonomo”. “Tutto questo aumenta la nostra condanna nei confronti dell’operazione militare di Putin. Aumenta la nostra volontà di sostegno a Zelensky, alle legittime istituzioni ucraine che si vogliono difendere. Aumenta la nostra volontà di utilizzare in modo efficaci le sanzioni economiche. Il racconto di Putin della necessità di costituire l’unità dalla grande madre Russia è una teoria che sta solo nella sua mente. Gli ucraini hanno scelto, e lo stanno mostrando resistendo, di essere un paese autonomo. Una democrazia imperfetta come o più di altre democrazie ma hanno scelto i loro presidenti: prima Porošenko, poi Zelensky. Guardano all’Europa come l’ancoraggio della libertà quindi è evidente che su questa base si deve giudicare quello che sta accadendo”.
Putin non può vincere. “Anche se Putin dovesse conseguire una vittoria militare, e questa obiettivamente è alla sua portata anche se ogni giorno che passa si capisce che le difficoltà sono maggiori e che forse il suo esercito non era quella macchina perfetta che anche lui si aspettava, ma anche se arrivasse a Kiev, cosa avrebbe conquistato? La devastazione? E avrebbe esacerbato ancora di più un popolo che si sta dimostrando volenteroso di voler continuare a vivere sicuramente in pace e di scegliere il destino del proprio paese”.
Su un intervento militare diretto in Ucraina. “Ad oggi è escluso come è stato ribadito in sede Nato, in sede americana e in sede europea. La non disponibilità a un intervento militare diretto, nemmeno nella forma della no-fly zone è una scelta che ha un elemento di drammaticità naturalmente perché significa non fare la cosa che verrebbe più spontanea ovvero andare in soccorso di chi viene aggredito. È una scelta che ha una ragionevolezza vera che è quella di non provocare o consentire alibi per un’escalation che allarghi il conflitto senza necessariamente risolverlo in Ucraina. È una scelta che ha una drammatica ragionevolezza e su cui noi siamo attestati assieme a tutti gli alleati dentro l’Unione Europea con la Nato. Questo non toglie che la forza messa in campo con le sanzioni, non militare ma di depotenziamento della Russia, è una forza che ha una sua potenza e anche che provoca dei contraccolpi in Europa sul piano energetico o di altre materie prime”.
Sul rischio di un allargamento del conflitto nell’area Balcanica. “I Balcani restano un’area fragilissima. Sono stato di recente a Sarajevo in Bosnia, ho avuto modo di incontrare le varie parti, ho incontrato bosniaci, croati. Lì l’equilibrio è fragilissimo ancora più che in Kosovo ed è evidente che lì c’è una tensione nazionalista in particolare dalla parte Serbo-Bosniaca che Putin come mimino avalla. Sono stato anche in Moldavia, certo non sono i Balcani ma un’altra regione molto fragile e suscettibile di subire i contraccolpi della crisi Ucraina. Siamo sul ghiaccio sottile in Bosnia. Io penso che se riusciremo a fermare Putin e comunque a dare uno stop a questa sua deriva nazionalista, questo sarà un elemento anche di freno alla crisi bosniaca. Se invece Putin dovesse trionfare sarebbe un elemento di ulteriore destabilizzazione. Ma io non penso che Putin, quale che sia l’andamento sul terreno delle prossime settimane, uscirà vittorioso. Io penso che Putin ha perso la sua guerra di egemonia culturale, religiosa e non ha vinto la battaglia dell’animo degli ucraini”.
Sulle passate posizioni filo-Putin nella politica italiana e europea. “Le manifestazioni eroiche contro la guerra che si stanno tenendo nelle città russe come Mosca e San Pietroburgo è un elemento importante che va molto sottolineato. Quanto alla stella di Putin, credo che un errore è stato fatto in Italia ma anche in Germania, ed è stato quello di considerare Putin un interlocutore vero e non “un dittatore con cui bisogna fare i conti”, per usare le parole che usò Draghi. Nel 2019 quando Putin venne a Palazzo Chigi, non ero al governo, e con la bandiera europea ero a contestare non tanto il fatto che Putin fosse in Italia ma che fosse accolto come si accoglie il presidente degli Stati Uniti o un presidente democratico di un Paese amico e di un partner vero. Putin dimostra di avere il terrore della democrazia, della cosa cui noi teniamo di più. È un nemico della democrazia ma lo era da tempo, anche nel periodo in cui noi aumentavamo la dipendenza italiana dal gas russo. Io mi auguro che questo sia uno shock anche per molti politici e partiti italiani che hanno finto di non vedere quello che Putin faceva al proprio interno. Se tu incarceri i giornalisti, fai in modo che vengano uccisi gli oppositori, pratichi la censura, pratichi l’omofobia non puoi essere un nostro partner, un nostro amico ma sei altro. E oggettivamente noi siamo il tuo nemico e questo purtroppo sta accadendo. Spero sia un monito per il futuro”.
Sul peso della leadership italiana nella risoluzione della crisi Ucraina. “È evidente che ci sono dei formati negoziali che non hanno visto l’Italia presente già da prima. L’Italia viene da posizioni non nitide rispetto a Putin ma, detto questo, credo che il prestigio di Draghi resti immutato presso le leadership europee. Siamo arrivati in questo momento buio con la guida migliore possibile, che ha riportato l’Italia nel solco netto di un Paese europeista e atlantista, al di là di una partecipazione o meno a una riunione che può dipendere da varie ragioni. L’Italia c’è, sta facendo la sua parte. Nessuno vuole essere protagonista tanto per esserci, ma siamo sulle sanzioni e su tutto allineati e protagonisti in Europa di una scelta ormai molto netta di intervento non militare nei confronti della Russia perché i russi capiscano che Putin li sta portando, anche da un punto di vista economico, a un disastro e ad un impoverimento. E il tutto per le mire nazionalistiche e per deliri solipsistici del loro leader pro tempore”.