Sulla versione web di Classic Rock e’ apparso un articolo che mette in discussione le credenziali rock dei Maneskin, dicendo in buona sostanza che si tratta di una brutta copia del vero rock. Tutto vero. Ed e’ un discorso che si potrebbe applicare anche ai Greta Van Fleet. Tuttavia, il giorno dopo i Maneskin vincono Sanremo e non si puo’ che riflettere.
Scrive uno che di Sanremo non ha visto neanche un minuto. Semplicemente perche’ la “canzone italiana” non mi ha mai interessato o emozionato. Mi sono quindi andato a guardare la performance di questi ragazzi romani. Beh, e’ rock di maniera, non c’e’ dubbio. Ma sicuramente rock.
Il punto e’ un altro: questi ragazzi hanno 20 anni, non c’erano ai tempi di Robert Plant e David Bowie eppure li scimmiottano come se fossero delle icone. Perche’ sono delle icone, pure per una generazione arrivata 50 anni dopo. Quindi, non e’ una buona notizia che i Maneskin, scimmiottando il rock classico abbiano vinto Sanremo asfaltando gli alfieri della canzone italiana, vecchi e nuovi? Certo che si’.
La canzone si chiama “Zitti e buoni” ed e’ dedicata ai professori del liceo di questi ragazzi che dicevano loro di stare “zitti e buoni”. Orripilante scoprire che in questo paese vi siano ancora professori, pagati con i soldi pubblici, cosi’ ottusi e cosi’ perniciosi. Ma che bello vedere che ancora oggi la ribellione nasce dal rock, come cinquant’anni fa. Che bello vedere la canzone vincitrice del festival della canzone italiana eseguita con una Stratocaster con la cassa rovinata (manco fosse Rory Gallagher) e da ragazzi appena ventenni che nei vestiti e nelle movenze rivendicano, come Bowie 50 anni fa, una sessualità libera. Perché purtroppo ce n’e’ ancora bisogno.
In definitiva diciamoci la verità: se sei un ultra cinquantenne rockettaro vorresti avere un figlio nei Maneskin. E se non lo vuoi, allora non sei più un rockettaro, ma solo un vecchio brontolone.