Guerra di Twitter, atto secondo in Turchia: almeno 24 persone sono finite in carcere la notte scorsa a Smirne, la citta’ turca piu’ ‘europea’ e di sinistra, con l’accusa di avere ‘incitato i cittadini ai disordini’ e di avere ‘fatto propaganda’, ha rivelato Hurriyet online. Altri 14 sono ricercati attivamente dalla polizia, che ha fatto irruzione in 38 case. Di che cosa concretamente li si accusa? Di avere mandato messaggini su twitter. Come decine di migliaia di altri turchi impegnati da giorni nelle proteste di massa contro il governo del premier Recep Tayyip Erdogan. I loro tweet, secondo la polizia, avrebbero in qualche modo contribuito agli scontri a Smirne fra manifestanti e agenti anti-sommossa. Che hanno fatto decine di feriti. In tutto il paese ce ne sono stati piu’ di 3mila secondo le associazioni di medici. Poco piu’ di 300, per lo piu’ poliziotti, secondo il governo.
Gli arresti di Smirne sembrano ispirati da dichiarazioni fatte lunedi’ dal premier. Erdogan si era scagliato con la solita retorica muscolare contro le reti sociali, che come nelle ‘primavere’ arabe, come nelle proteste degli indignados di Madrid, Londra o New York, sono oggi la benzina dell’attuale ‘maggio 68’ turco.
Centinaia di migliaia di tweet (3mila al minuto), per convocare proteste, scambiare informazioni, lanciare richieste di aiuto, appelli ai medici per i feriti, agli avvocati per gli arrestati, allarmi, per mostrare al mondo le foto e i video delle brutalita’ della polizia turca. Come a Piazza Tahrir, Puerta del Sol, St Paul’s. Con in piu’ a Ankara, Istanbul o Smirne la necessita’ di bypassare grazie ai cinguettii di twitter quello che i manifestanti definiscono il ‘muro di gomma’ del silenzio delle grandi reti tv nazionali, su pressione, affermano, del governo. Lunedi’ Erdogan e’ stato molto duro con i social network, che ha definito una ‘cancrena’. ‘Oggi esiste una minaccia che si chiama twitter’, ha accusato, che ospita ‘i migliori esempi di menzogne’.
Da venerdi’ manifestanti e cronisti stranieri hanno denunciato la caduta dei collegamenti internet a Taksim e a Kizilay, nel cuore di Ankara, nel pieno degli scontri con la polizia. Le autorita’ turche pero’ hanno negato di avere schiacciato il pulsante. Nella ‘battaglia di twitter’ gli arresti di Smirne ora sono forse un test, per saggiare le reazioni dell’opinione pubblica. L’avvocato del Chp, il principale partito di opposizione, a Smirne, Sevda Erkan Kilic, ha studiato le ‘prove’ contro gli arrestati. Ma non ha trovato nulla che possa ‘provocare i cittadini’. ‘Sono cose che abbiamo scritto tutti’. ‘Se volere un paese libero e giusto e’ un reato – ha detto il dirigente del Chp Ali Engin – allora lo abbiamo commesso tutti’.
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