Dopo 10 anni al potere del premier islamico nazionalista Recep Tayyip Erdogan la Turchia detiene ora – superando persino la Cina o l’Iran – il non invidiabile record mondiale per il numero di giornalisti in carcere. Lo rivela un rapporto reso pubblico dal Comitato per la Protezione dei Giornalisti (Cpj), Ong di New York che dal 1981 denuncia gli attacchi alla liberta’ di stampa nel mondo.
Il governo Erdogan, accusa senza mezzi termini il Cpj, ‘ha organizzato una delle piu’ ampie operazioni di repressione della liberta’ di stampa nel mondo nella storia recente’. Le 53 pagine del rapporto, intitolato ‘La crisi della Liberta’ di Stampa in Turchia’, arrivano dopo le molte denunce venute dalle organizzazioni di giornalisti turche ed europee e le critiche espresse ai primi di ottobre dalla Commissione Ue. Sulla base di un accurato esame caso per caso l’Ong di New York ha individuato a inizio agosto 76 cronisti detenuti in Turchia, almeno 61 dei quali sono in cella per ‘i lavori pubblicati’ o ‘la loro attivita’ di raccolta di informazioni’.
Piu’ che in Iran (dove i cronisti in prigione sono 42), in Eritrea (28) o in Cina (27): i paesi del mondo considerati finora piu’ a rischio carcere per i giornalisti. Il governo islamico nazionalista, accusa il Cpj, ‘e’ impegnato in un’ampia offensiva per ridurre al silenzio i giornalisti critici attraverso la detenzione, procedure legali e l’intimidazione ufficiale’. Il tono del premier turco, muscolare e considerato allergico alla critica, ‘e’ un fattore importante’ per capire il fenomeno ha spiegato ai ricercatori di New York Hakan Altinay, presidente della Fondazione Societa’ Aperta – Turchia, una Ong di tutela dei diritti umani: ‘Ci ha detto quali giornali non vuole che leggiamo. Ha detto agli editori che dovrebbero licenziare i giornalisti e gli editorialisti con i quali non va d’accordo. E molti editori l’hanno fatto’.
La maggior parte dei cronisti e’ in carcere per presunta appartenza a organizzazioni dichiarate illegali come il Pkk e la Kck (curdi) o per presunti tentativi di golpe. Il 70% sono curdi. Migliaia di cause penali (a fine 2011 fra 3mila e 5mila) sono state avviate per offesa ai valori nazionali turchi, scrive il Cpj, che parla di ‘varie forme di pressione per suscitare una autocensura’ fra i cronisti. ‘Quando il governo alza la voce’ con i giornalisti, ‘quando il premier inizia a usare parole dure nei suoi discorsi, anche i magistrati alzano la voce’, afferma l’analista Mehmet Ali Birand.
Piu’ dei tre quarti dei giornalisti detenuti e’ in carcerazione preventiva, a volte da anni. Le associazioni nazionali europee hanno adottato colleghi turchi in prigione. Il presidente della Fnsi(Federazione Nazionale della Stampa Italiana), Roberto Natale, ha chiesto al premier Mario Monti di portare la questione sul tavolo del vertice Ue.
Il Cpj chiede a sua volta la liberazione di tutti i cronisti in carcere. E mette in guardia sulle conseguenze delle pressioni e intimidazioni sulla stampa turca in questa fase delicatissima di crisi fra Ankara e Damasco. ‘Soffocare l’informazione e imporre un clima di paura – avverte – puo’ avere un grave effetto deterrente sulla verifica delle notizie’.
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