“Con il Messaggio n. 270 del 18 gennaio 2018 l’Inps ha comunicato che ai titolari di pensione in convenzione internazionale residenti all’estero e in Italia i quali nel corso dell’anno 2018 raggiungeranno l’età pensionabile prevista dai regimi assicurativi esteri, è stata inviata la richiesta di comunicare le informazioni relative alla situazione pensionistica estera. Se tale dichiarazione non sarà restituita all’Inps dai diretti interessati, l’integrazione al minimo sarà sospesa”. Così in una nota congiunta i deputati Pd eletti all’estero Marco Fedi e Fabio Porta.
“Come è noto integrazione al trattamento minimo, maggiorazioni sociali e assegni al nucleo familiare, sono le prestazioni “accessorie” più ambite dai nostri connazionali pensionati residenti all’estero i quali sono spesso titolari di pensioni in convenzione “a calcolo” di importi molto irrisori che vengono appunto integrati dalle prestazioni succitate quando sussistono i presupposti di legge.
Tali prestazioni sono ancora esportabili nei Paesi extra-comunitari, ancorché con alcune limitazioni, mentre invece il TM e le relative maggiorazioni sono divenute inesportabili nell’ambito dell’Unione europea e del SEE (Spazio Economico Europeo) sin dal 1992. In questo comunicato vogliamo informare i nostri connazionali dei nuovi importi del trattamento minimo e dei limiti di reddito per il diritto all’integrazione al trattamento minimo e sul rischio, per alcuni connazionali pensionati, della sospensione cautelativa del trattamento minimo da parte dell’Inps.
Si ricorda che a partire dal 1995, oltre al requisito reddituale, l’esportabilità all’estero del trattamento minimo è subordinata al possesso in Italia di un’anzianità contributiva minima pari a 10 anni di contribuzione in costanza di rapporto di lavoro (e cioè periodi di effettivo lavoro, riscatto di periodi di attività lavorativa e contribuzione figurativa purché collocata in un rapporto di lavoro; sono esclusi quindi i contributi volontari e il riscatto della laurea).
La concessione dell’integrazione al minimo ai residenti nei Paesi extra-comunitari è inoltre negata quando la somma della pensione estera con la pensione “a calcolo” italiana supera lo stesso trattamento minimo. Il trattamento minimo è un importo pensionistico che lo Stato, tramite l’INPS, corrisponde al pensionato quando la pensione, derivante dal calcolo dei contributi versati, è di importo molto basso, al di sotto di quello che viene considerato il “minimo vitale”. In tal caso l’importo della pensione spettante viene aumentato (“integrato”) fino a raggiungere una cifra stabilita di anno in anno dalla legge. Per il 2018 il trattamento minimo, anche per le pensioni in convenzione, è pari a 507,46 euro mensili. Il reddito personale del pensionato non deve superare i 6.596,46 euro annui per ottenere l’integrazione piena. Nel caso in cui il reddito del pensionato sia superiore a 6.596,465 euro l’anno, ma rientri nel limite dei 13.192,92 euro, l’integrazione spetta in misura ridotta, pari alla differenza tra 13.192,92 euro e il reddito personale conseguito.
In caso di soggetti coniugati, i limiti reddituali da rispettare non sono solo quelli personali ma anche quelli coniugali: l’integrazione al trattamento minimo spetta qualora il reddito della coppia non superi 26.385,84 euro annui. L’integrazione spetta anche in caso di assegni di invalidità ma con regole diverse.
E’ utile precisare che le pensioni maturate interamente con il sistema contributivo (assicurati successivamente al 31 dicembre 1995) e le pensioni supplementari non possono beneficiare dell’integrazione al minimo.
L’integrazione al minimo è strettamente legata ai redditi del pensionato e della coppia. Bisogna quindi valutare tutti i redditi personali e quelli del coniuge con la sola eccezione: dei redditi esenti da Irpef (pensioni di guerra, rendite Inail, pensioni degli invalidi civili, i trattamenti di famiglia, trattamento di fine rapporto, eccetera); la pensione da integrare al minimo; il reddito della casa di abitazione; gli arretrati soggetti a tassazione separata. Qualsiasi altro reddito sarà preso in considerazione ai fini del diritto.
Ricordiamo quindi che fu una circolare del 1991 che introdusse la procedura di sospensione cautelativa dell’integrazione al trattamento minimo al compimento dell’età pensionabile prevista dall’ordinamento previdenziale del Paese convenzionato di residenza o comunque erogatore della prestazione estera.
Com’è noto l’integrazione al trattamento minimo viene da allora sospesa dal primo giorno del mese successivo a quello di compimento dell’età pensionabile estera. L’Inps quindi con il suo recente messaggio menzionato in premessa informa che la richiesta di comunicare le notizie relative alla situazione pensionistica estera è stata inviata ai titolari di pensioni in convenzione internazionale residenti all’estero e residenti in Italia, che nel corso dell’anno 2018 raggiungeranno l’età pensionabile prevista dai regimi assicurativi esteri.
I pensionati dovranno comunicare le informazioni richieste compilando il modello allegato SOSP/TM 1. Se tale dichiarazione, ricorda l’Inps nella lettera inviata in questi giorni a tutti gli interessati, non dovesse pervenire tempestivamente ai loro uffici, a partire dal mese successivo a quello in cui essi compiranno l’età di pensionamento, non sarà più pagato il trattamento minimo ma una pensione calcolata semplicemente in base ai contributi versati”.
“Consigliamo quindi ai pensionati contattati dall’Inps – concludono i dem – di rivolgersi ad un ente di Patronato – che fornirà l’assistenza gratuitamente – per ottenere un competente aiuto nella compilazione del modulo SOSP/TM1”.
Marco Fedi e Fabio Porta, deputati Pd eletti all’estero