Dal 2007 al 2019, in Italia emergono nuove tipologie di emigrazione. A metterlo in luce è il 34mo Rapporto Italia dell’Eurispes diffuso oggi: “In una indagine del 2012 si configura una popolazione in movimento per lo più giovane, di sesso maschile, che ha deciso di partire per lavoro o per scelta. In contraddizione con lo stereotipo dei ”cervelli in fuga” però, nel 2017, tra gli italiani partiti per l’estero, di 25 anni e più, solo il 31,1% è laureato”, si legge ancora. “Sul poco più di 1 milione di espatriati” di questo periodo “ben 520.067 (il 51%) vengono dal nord, 178.782 (il 18%) dal centro e 318.784 (il 31%) dal Mezzogiorno”, vi si legge.
Dal punto di vista territoriale, la nuova emigrazione si conferma dunque di origine settentrionale e non meridionale, “come uno dei più classici miti tende a perpetuare”.
Tra le nuove tipologie di emigrazione emerse negli ultimi anni, precisa il rapporto, figurano anche l’emigrazione ”di rimbalzo” o ”previdenziale”: la prima riguarda chi, dopo anni di emigrazione e successivamente al rientro in Italia in vecchiaia, preferisce ritornare nel paese di emigrazione ove risiedono i figli o altri componenti della propria famiglia; la seconda, invece, riguarda i pensionati che ritengono più vantaggioso il soggiorno all’estero.
“Subito dopo l’unificazione politica dell’Italia”, ricorda il rapporto che mette a confronto “emigrzione vecchia e nuova”, questo fenomeno era proibito o controllato. “Con la legge ”Crispi” (1888) divenne completamente libera. Dal 1869 al 2019 il totale degli italiani espatriati ammonta a 29.459.360 unità, “cioè un numero tanto enorme da rappresentare poco più della popolazione che l’Italia contava nel 1881 (28.951.546) e quasi la metà di quella odierna. Il 46% degli espatriati italiani appartiene al Nord e il 44% al Sud”.