Roma – Come si può votare per un governo che taglia ventitre consiglieri al Cgie? E che cosa dice di sbagliato l’onorevole Ricardo Merlo, presidente del MAIE – Movimento Associativo Italiani all’Estero, quando invita gli altri eletti oltre confine a presentare una lista di richieste per gli italiani nel mondo, ritirando l’appoggio al governo qualora queste necessità non venissero soddisfatte? ItaliaChiamaItalia ha interpellato alcuni degli eletti all’estero in seguito all’intervista nella quale il presidente del MAIE chiede di unirsi per fare la differenza, soprattutto al Senato dove i numeri lo permetterebbero.
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Non tutti, però, sembrano essere d’accordo su questa visione e, se Marco Fedi (Pd)a colloquio con il nostro quotidiano online aveva già declinato nei giorni scorsi la possibilità di porre un aut aut di fronte all’esecutivo, arrivando a parlare di ricatto, anche il senatore Aldo Di Biagio (Ap) e gli onorevoli Laura Garavini e Fabio Porta (Pd) si pongono sulla stessa linea, ricordando il caso Pallaro e le conseguenze sull’immagine della circoscrizione. Meno ostile, invece, l’onorevole Gianni Farina (Pd) che, infatti, non ha mai lesinato critiche al governo né nascosto di aver votato più volte in disaccordo con l’esecutivo.
ALDO DI BIAGIO “Con tutto il rispetto possibile nei confronti di chi la propone, non riesco a prendere sul serio un’iniziativa di questo tipo”. È decisa la risposta del senatore Aldo Di Biagio di Area Popolare. Proprio i rappresentanti che siedono a Palazzo Madama erano tra i primi destinatari dell’invito dell’onorevole Merlo, poiché il loro voto potrebbe far traballare la maggioranza che attualmente si regge su pochi voti. “Ribadisco il rispetto nei confronti di chi avanza delle proposte, ma non è quella la strada da percorrere – prosegue Di Biagio -. Non è più tempo di ricatti, il ‘pallarismo’ è ormai ampliamente superato”.
“Questo non significa che non si possa fare di più per lavorare meglio e tutti insieme ma, se oggi come eletti all’estero abbiamo una pessima reputazione, è proprio per i casi di questo tipo. Con l’impegno, invece, si possono creare le condizioni per ottenere il rispetto dei colleghi e, quindi, anche una maggiore attenzione da parte del governo nei confronti delle nostre richieste. Tutto questo, però, si ottiene solamente tramite un lavoro serio e costante, certo non attraverso un ricatto”.
FABIO PORTA “Sono sempre d’accordo sull’idea di fare gruppo quando, con questo termine, si intende lavorare insieme su progetti comuni – dichiara Fabio Porta -. Già ora, quando è possibile, collaboriamo e creiamo sinergia. La questione della riduzione dei consiglieri Cgie, invece, non mi sembra un problema così centrale, gli italiani all’estero vogliono risposte su tematiche a loro più vicine. Per quanto riguarda la rappresentanza estera e i suoi organismi, invece, bisognerebbe ripartire dalla base, studiare un nuovo sistema più attuale e maggiormente in linea con l’emigrazione contemporanea e, per fare tutto questo, è necessario partire dai Comites che, ad oggi, rappresentano la realtà più prossima ai connazionali”.
“Noi eletti del Pd abbiamo un altro stile – aggiunge poi Porta rispondendo all’invito di Merlo sulle richieste da presentare al governo -, non siamo a favore degli ultimatum. Crediamo che sia più giusto e costruttivo elaborare proposte e avanzare alternative, anche quando questo significa essere in disaccordo con alcune scelte del governo”.
“Quando dobbiamo dire che una decisione non ci sta bene lo diciamo, il fatto che non opponiamo dei ricatti non significa che non cerchiamo di far sentire la nostra voce ma, al contrario, che cerchiamo di farlo in maniera più incisiva. Anche perché non bisogna dimenticare che, quando qualcuno ha sfruttato la propria posizione per fare la differenza in termini numerici, certo non ha giovato all’immagine degli italiani all’estero. Mi riferisco, naturalmente, alla prima legislatura con gli eletti all’estero e, in particolare, al ruolo del senatore Pallaro, tra quelli che, per una manciata di voti, determinarono la caduta del governo Prodi. I senatori eletti all’estero passarono alla storia come quelli che potevano decidere il futuro di un governo in base a un ricatto”.
LAURA GARAVINI “Una parte degli eletti all’estero, storicamente, ritiene che rinchiudersi in una riserva indiana e abusare del proprio seggio per portare a casa l’uno o l’altro risultato sia una buona strategia – risponde l’onorevole Laura Garavini – ma, personalmente, non l’ho mai ritenuta valida per più motivi, primo perché credo che italiani e eletti all’estero facciano un cattivo servizio alla comunità se si rinchiudono in un’area isolata”.
“Credo che gli italiani all’estero siano una risorsa vera e che siano parte integrante delle politiche del governo, con questo esecutivo il fatto stesso di essere italiano torna ad essere motivo di orgoglio nel mondo, questo è un primo grande risultato di cui gli italiani all’estero sentivano il bisogno. Il fatto di non volersi rinchiudere, però, non è l’unico motivo”.
“Oggi, infatti – prosegue Garavini -, essere italiani nel mondo significa essere parte attiva delle politiche per l’Italia anche perché i nostri connazionali hanno sempre meno bisogno di politiche solo per loro. Sono sempre più integrati, troppo a lungo si è data una narrazione di italiani ‘povera gente’, per fortuna spesso hanno carriere professionali di tutto rispetto e sono anche dirigenti, lavoratori o studenti, pienamente cittadini del mondo globalizzato”.
“È chiaro ed è vero che esistono determinate istanze che continuano ad essere attuali e per le quali è importante che ci battiamo, ma è anche vero che faremmo il danno degli italiani all’estero se, per porre l’attenzione del governo su determinate questioni, mettessimo a repentaglio quell’importante processo di riforme che stanno segnando la ripartenza del Paese, una delle prime ambizioni degli italiani all’estero che vogliono un’Italia che si possa considerare nuovamente un paese moderno”.
GIANNI FARINA “C’è del buon senso in quello che dice Merlo – dichiara l’onorevole Gianni Farina -. Però vorrei sottolineare che io sostengo la stessa cosa dal 2006, ossia da quando ho presentato una proposta di legge nella quale dico che sarebbe opportuno creare una bicamerale con diciotto eletti all’estero e altri diciotto eletti in Italia, naturalmente facenti parte di tutti i gruppi”. “Questa commissione avrebbe il compito importante di monitorare quanto avviene sul piano legislativo e su una serie di questioni a noi care come, ad esempio, il finanziamento per la lingua e la questione fiscale e pensionistica. Nessuno, però, mi ha ascoltato”.
“Per quanto riguarda l’idea di presentare una lista di richieste, ritengo che i colpi di fuga in avanti non servano a nulla – aggiunge poi Farina entrando nel merito -, anche perché ho poca fiducia nel fatto che tutti gli eletti possano seguire questa linea. Per proporre questa strategia bisogna essere sicuri della sua sostenibilità e del fatto che tutti gli eletti siano in grado di reggere con coraggio una tale decisione. Una commissione, invece, servirebbe proprio a mettere il governo ogni volta nella condizione di dover rispondere”.
“Sostengo da sempre che, spesso, potremmo cambiare la storia e fare la differenza ma poi siamo troppo divisi, come è noto spesso non ho votato come richiesto dal governo, non sono certo io che voto a favore dell’esecutivo e ho già ripetuto più volte che abbiamo fallito proprio perché molti eletti hanno perseguito una ricerca ossessiva di interessi personali, invece che del settore”.
“Ad esempio – prosegue Farina – penso che i due comitati siano un contentino, non sono utili come lo sarebbe, invece, una bicamerale, soprattutto quello della Camera che è praticamente sconosciuto, mentre quello del Senato opera un po’ di più. L’esperienza ci ha dimostrato che ci sono molte furberie e tanta ricerca di visibilità. Tutto questo comporta una profonda delusione verso i nostri rappresentanti mentre il nostro compito dovrebbe essere quello di portare in Parlamento l’importante contributo degli italiani nel mondo”.
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