Ha chiuso il Festival di Taormina (aperto da “L’uomo d’acciaio”) e consegna definitivamente al mito dell’immaginario cinematografico l’eroe concepito ottanta anni fa, facendo raccontare, attraverso lo schermo e dal guerriero indiano Tonto (Johnny Depp), come il Cavaliere Solitario (Armie Hammer) entrò nella leggenda, un racconto di Don Chisciotte compiuto da Sancho Panza, con una girandola di sorprese, in cui i due improbabili eroi combattono fianco a fianco contro l’avidità e la corruzione.
Gore Verbinski, che ha diretto “Pirati dei caraibi”, anche questo prodotto dal sempre astuto Jerry Bruckheimer, ha dato alla vicenda ritmo e tono da film d’azione, non dimenticandosi però dell’ironia, comportandosi come un bambino appassionato di cowboy e con un’idea di cinema come attrazione, palesata attraverso un soggetto emotivamente infantile, da affabulare con la nuova variante di una storia già nota.
La lavorazione, iniziata nel 2009, è stata travagliata essendo stato più volte posticipato a causa del budget esorbitante, finché, nel febbraio 2012, è stato ufficialmente annunciato il via libera definitivo alle riprese.
Nelle tre settimane precedenti le riprese il regista ha voluto che cast e comparse imparassero a fare i cow boy in un ranch presso Albuquerque. Tutti dovevano imparare il lazo, a cavalcare, a sellare e dissellare un cavallo. Keti Meriweather è stata un’esperta consulente di pistole: ha insegnato come impugnarla e farla roteare in perfetto stile western. Steve Brown, campione di yo-yo, ha insegnato a Tom Wilkinson la tecnica perfetta per afferrare e far roteare un orologio da taschino, altro simbolo del Far West.
Uno dei punti di forza (soprattutto visiva), sono i costumi che si devono a Penny Rose (Evita, Pirati dei Caraibi), che ha sempre amato usare d’epoca, ma, in questo caso, per invecchiarne ha usato una tecnica innovativa mettendo gli indumenti in una betoniera con dei ciottoli, usurandoli con la grattugia e talvolta ricorrendo, addirittura, alla fiamma ossidrica. Distribuito il 3 luglio 2013 in tutto il mondo, il film è stato prodotto e distribuito dalla Walt Disney Pictures e sta riscuotendo un buon successo.
Da un certo punto di vista colpisce la sincerità con la quale Verbinski insiste sul tema di una nazione (gli Stati Uniti) nata sul sangue (quello indiano), con un paio di scene che non t’aspetti in un film di questo genere, mentre decisamente meno riusciti sono i velati riferimenti all’oggi, nascosti sotto i discorsi sulla pacifica convivenza tra razze e culture e quello sulla corruzione di un sistema che mira al legame con la finanza. Da segnalare, infine, due “point” cinefili nel film: il "John Ford’s Point", in cui il grande regista americano ha ambientato “Ombre Rosse” e il “Fossil Point” a Moab, nello Utah, utilizzato per la sequenza finale di “Thelma e Louise”.
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