"La tenacia dei sindaci e dei cittadini nel volere, in maniere molto forte, i paesi com’erano e dov’erano, suona come una specie di appello al governo. Gia’ nel terremoto precedente dissi fate delle case di legno provvisorie perche’ ci sia lo stimolo a rifare i paesi dov’era no e com’erano. Oggi, non sento altro che parlare di case di legno e dov’era e com’era, selezionando, come unico vantaggio della tragedia, le cose importanti dalle brutte architetture tardo novecentesche. Quindi, rimettere in piedi i palazzi e le chiese e creare un’urbanistica pulita, in questi centri storici". Lo spiega il critico d’arte Vittorio Sgarbi, a margine della presentazione dell’iniziativa artistica, in collaborazione con Regione Lombardia, a favore delle zone terremotate nel centro Italia.
"L’idea che oggi prevale e’ il dov’era, com’era, per la sensibilita’ degli abitanti e per la reintegrazione dei luoghi e non secondo lo schema della new town, che ha prevalso per comodita’, come e’ avvenuto per i paesi intorno a L’Aquila, con degli orrori da periferia che ha fatto dimenticare la bellezza di quei borghi", sottolinea Sgarbi e cita a esempio il borgo di Santo Stefano di Sessanio, in provincia de L’Aquila, come "modello di ricostruzione da tenere presente", coordinata dall’imprenditore Italo-svedese Daniele Kihlgren e dall’avvocato aquilano e consulente giuridico a Palazzo Chigi Walter Mazzitti, "per la ricostruzione di Amatrice, Accumoli e Arquata", mentre del probabile coinvolgimento dell’archistar Renzo Piano, voluta dal premier Matteo Renzi, Sgarbi commenta che "collegarsi al nome di una persona che tutto il mondo conosce da’ il senso di una garanzia".
Discussione su questo articolo