Matteo Renzi, nella sua enews, parla di terremoto. “Ricostruiremo tutto”, assicura. “Il terremoto più forte dai tempi dell’Irpinia, dal 1980, ha devastato il cuore della nostra Penisola. Non ci sono morti, stavolta. E questa notizia ci dà enorme sollievo. Ma i danni al patrimonio abitativo, economico, culturale e religioso sono impressionanti. Questi borghi sono l’identità italiana: dovremo ricostruirli tutti, presto e bene. Lo faremo perché noi – tutti noi – siamo l’Italia”.
Il premier spiega che “adesso la priorità è restituire un briciolo di tranquillità alle popolazioni. E farlo è un’impresa difficilissima. Del resto chiunque abbia anche solo sentito la scossa di domenica mattina a distanza di centinaia di chilometri dall’epicentro potrà comprendere il dolore di chi vive in quelle zone. Chi ha vissuto un grande spavento da lontano, può solo immaginare il terrore che ha attraversato persone che da due mesi con le scosse ci convivono quotidianamente”.
Secondo Renzi “le cose da fare sono difficili, ma chiare. Primo, mettere in sicurezza. Non possiamo avere le tende per qualche mese in montagna, sotto la neve. Gli alberghi ci sono, per tutti. Ma molti dei nostri connazionali non vogliono lasciare quelle terre nemmeno per qualche settimana. Dunque dovremo gestire al meglio questa prima fase, l’emergenza. Poi la ricostruzione. A regola d’arte. Con il controllo dell’opinione pubblica e di tutti i cittadini”.
“Non va sprecato nemmeno un centesimo e dobbiamo dimostrare chi siamo: persone che – a differenza di alcune vicende del passato – sanno fare opere pubbliche senza sprechi e senza ladri. Infine, il Piano Casa Italia. Un piano strategico per il futuro dei nostri figli e dei nostri nipoti. Non solo l’emergenza, non solo la ricostruzione: ma – finalmente – la prevenzione. Il lavoro è già partito ma richiederà anni, ‘un paio di generazioni’, come ci ha spiegato Renzo Piano illustrandone i concetti”.
RABBIA E PAURA Fin qui Renzi. Intanto il giorno dopo la forte scossa di terremoto che ha colpito di nuovo il centro Italia, e questa volta in particolare Norcia e i suoi dintorni, prevale ancora la paura. E anche la rabbia di quelli, molti, che non hanno voluto abbandonare la propria casa e il proprio paese, nonostante gli appelli delle istituzioni a qualsiasi livello.
Il sindaco di Norcia Nicola Alemanno, per esempio, è stato contestato dai suoi concittadini per non aver voluto approntare, dopo il terremoto del 24 agosto di Amatrice e a maggior ragione adesso, una tendopoli. Ma, come abbiamo visto, anche il premier Matteo Renzi ha ribadito oggi che, nell’attesa che venga ricostruito tutto, “non possiamo avere le tende per qualche mese in montagna, sotto la neve. Dovremo gestire al meglio questa prima fase, l’emergenza”.
Un’altra grande polemica, piuttosto pretestuosa, è quella che si è scatenata ieri sul presunto declassamento della magnitudo del terremoto: da 7.1, come da prime notizie, a 6.1 poco dopo, fino all’ufficializzazione del dato a 6.5 da parte dell’Ingv. Naturalmente non c’è stato alcun declassamento doloso, ma come si spiegano tanti sbalzi nelle valutazioni? A spiegarlo è stato il presidente dell’Ingv Carlo Doglioni ai microfoni di Radio Rai 3: “la differenza di magnitudo annunciata in momenti diversi” dipende dal fatto che “le stazioni vicine all’epicentro raggiungono una soglia massima di magnitudo locale, in questo caso di 7.1, ma nel giro di pochi minuti si è potuto ricalcolare la magnitudo momento e diramare il valore 6.5”.
Doglioni ha anche assicurato che “non ci sono evidenze di correlazioni tra lavori minerari e i terremoti degli ultimi mesi”.
Infine, rispondendo alla domanda sulla possibilità di ‘sanare le faglie’ il presidente dell’Ingv ha detto che “non si possono fermare le placche terrestri e quindi non si possono sanare le faglie, le faglie sono soltanto i luoghi che permettono di liberare l’energia liberata dal sisma”. E ha concluso con un avvertimento: “Ci saranno molte repliche e un periodo di diverse settimane interessato dalle repliche”.
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