“Questo PD non è più casa nostra”. Dopo la decisione del senatore Claudio Micheloni, presidente del Comitato per le Questioni degli Italiani all’Estero (“Non posso più riconoscermi in questo PD”, aveva detto) anche diversi esponenti del PD in Europa – tra cui il segretario PD Svizzera e segretario generale del Consiglio generale degli italiani all’estero, Michele Schiavone – hanno deciso “dopo una lunga e difficile riflessione di interrompere la presenza nel partito che abbiamo contribuito a fondare ed animare in tutti questi anni”.
Dirigenti locali del Partito Democratico in Europa, segretari di Circoli e Federazioni, delegati in Assemblea estero, membri attivi di Comites e CGIE: una ventina di esponenti non si riconoscono più “nei metodi, nelle scelte di linea politica, negli atteggiamenti dei dirigenti” del PD, sia “a livello nazionale” sia “nell’attenzione per le comunità degli italiani all’estero”.
Venti gli esponenti che lasciano il PD e che hanno firmato la nota. Michele Schiavone, segretario Federazione PD Svizzera; Maria Bernasconi, presidente PD Svizzera, delegata in Assemblea Nazionale; Raffaele Napolitano, delegato in Assemblea nazionale, presidente Comites Bruxelles; Daniela Di Benedetto, presidente Comites Monaco; Massimiliano Picciani, delegato in Assemblea nazionale, co-coordinatore PD Europa, ex segretario PD Parigi; Giulia Pellegrini, delegata in Assemblea nazionale; Roberto Stasi, già segretario Circolo PD Londra&UK; Paolo Da Costa, consigliere CGIE, vice-presidente Comites Zurigo; Cristiano Cavuto, segretario PD Lussemburgo; Bruno Palamara, segretario Circolo PD Berna; Domenico Miceli, segretario Circolo PD Dübendorf; Antonio De Bitonti, segretario Circolo PD “Angelo Vassallo” Bellinzona; Roberto Serra, ex segretario Circolo PD Lussemburgo; Pino Maggio, PD Germania; Santo Vena, segretario Circolo PD Winterthur; Salvino Testa, responsabile tesseramento PD Svizzera; Roberto Di Pietro, segretario Circolo PD Thun; Cesare Spoletini, segretario Circolo PD Neuchâtel; Mariachiara Vannetti, segreteria PD Svizzera, già delegata Assemblea nazionale; Cosimo Titolo, comm. garanzia PD Svizzera.
“Non siamo abituati a gettare la spugna – si legge nella nota -: ci siamo anzi battuti, negli ultimi anni, affinché questo partito continuasse ad essere il perno di un riformismo serio e in linea con i valori progressisti del socialismo europeo, un vivaio di intelligenze e un serbatoio di impegno politico da gratificare e valorizzare, e non da calpestare. Troppi sono invece gli esempi che, in questi mesi, ci hanno dimostrato come il nostro impegno è vano, se non addirittura decisamente sgradito da un gruppo dirigente che ha dimostrato la sua ottusità nella mancanza di una vera e seria volontà politica di ascolto della pluralità delle posizioni nel partito”.
Gli esponenti si dicono “colpiti dal mancato rispetto, reiterato in più occasioni, degli organi democraticamente eletti per la definizione delle scelte politiche nonché del ruolo dei nostri iscritti, nonostante ci sia nelle prossime settimane un appuntamento elettorale cruciale per il nostro Paese, eppure già compromesso da una rottura, di certo non evitata ma addirittura provocata dalle politiche di questi anni, nell’area del centrosinistra”.
E poi c’è lo “sconcerto” dato dall’“assoluta delegittimazione dell’Assemblea estero, privata delle sue prerogative e ignorata per mesi, senza la minima volontà di procedere a scelte di garanzia che coinvolgessero e responsabilizzassero tutte le aree politiche e culturali del partito”. L’esempio più eclatante secondo i dirigenti è la modifica del voto degli italiani all’estero apportata nella nuova legge elettorale: “Mentre le sostanziali modifiche di messa in sicurezza del voto all’estero, richieste portate avanti da tutti noi per anni, sono rimaste colpevolmente inevase e inascoltate, la legge elettorale è stata modificata da un lato stravolgendo il principio fondamentale delle prerogative di rappresentanza delle comunità all’estero, permettendo a candidati residenti in Italia di presentarsi all’estero, e dall’altro andando a colpire il principio dell’impegno politico di cittadinanza europea e transnazionale che ci contraddistingue, impedendo a coloro impegnati politicamente nel paese di residenza di potersi candidare a rappresentare le nostre comunità”.
“Molte altre questioni potrebbero essere evocate – continuano gli esponenti -, come la mancata riforma dell’AIRE, l’incapacità di dare risposte in Italia a coloro che riprendono la strada dell’emigrazione, o una riforma della scuola all’estero che in alcune realtà si è tradotta in ulteriore precariato esportato oltre confine. Tutto questo dimostra per noi una profonda mancanza di credibilità politica della attuale dirigenza del nostro partito, motivo per cui – pur continuando a batterci per i nostri valori, nell’interesse delle comunità italiane in Europa – abbiamo deciso di non volerci più impegnare per questo PD”.
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