In tre giorni 570 scosse in Garfagnana e in Lunigiana, là dove finisce la Toscana e la Liguria comincia. Terre di confine. Centoventidue scosse di magnitudo superiore a 2. Ottantasette solo nella giornata di venerdì, la prima del terremoto in Alta Toscana. La più alta e preoccupante alle 12,35, magnitudo 5,2. La domanda è questa: cosa può succedere nei prossimi giorni? Di getto si potrebbe rispondere che questa non è più risposta da scienziato, ma da sciamano. I sismologi le risposte le hanno già date, chiare, precise, illuminanti: basta solo saperle leggere. Introdotte da una premessa: non è possibile dare una definizione di pericolosità di una sequenza sismica o di uno sciame. Superfluo aggiungere che stiamo parlando di due cose diverse. Lo sciame è una sequenza dove i primi terremoti non sono forti, ma caratterizzati da una lunga sequenza di scosse di lieve e media intensità, che può durare fino a diversi mesi. La sequenza sismica si sviluppa invece in un lasso di tempo molto più ristretto; le scosse di assestamento seguono infine la scossa iniziale nettamente più forte delle altre. La situazione del terremoto in Alta Toscana impone cautela, laddove è possibile però azzardare un giudizio/previsione: la scossa che ha seminato paura e danni in Garfagnana e in Lunigiana sembra più vicina ad una “sequenza normale”.
La dimensione della scossa principale viene classificata dai sismologi con il numero 21. Il professore Gianluca Valensise, sismologo dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, è intervenuto nel discorso sul dubbio (sciame o sequenza?) con una serie di precisazioni. Soprattutto una: il sismologo aveva svolto il suo lavoro già nel 2001, segnalata per iscritto l’esistenza in Garfagnana di faglie attive. E questo ha portato a determinate scelte normative per quella zona. “Alla gente si può dire che l’indicazione è stata già data ed è verificabile da chiunque nelle sedi preposte”. In altri sedi, il palleggio tipicamente italiano delle responsabilità è già cominciato, in presenza di un primo sommario inventario dei danni prodotti dal terremoto. La terra trema ancora, in Gargagnana e in Lunigiana. Le scosse sono state avvertite fino a Milano. In Versilia alcuni stabilimenti balneari hanno ripiegato ombrelloni, sdraio e lettini. Hanno chiuso le strutture. Giucagnano, il comune più lontano, l’ultimo della Garfagnana, minaccia di chiedere l’annessione all’Emilia-Romagna. Energia e lettini tardano ad arrivare, il paese è allo stremo e il sindaco sul bavero di una poderosa crisi di nervi. Fabio Reali pensa addirittura ad un referendum sull’opportunità di passare o meno con l’Emilia Romagna. Il sindaco è letteralmente esasperato.
Il primo approssimativo bilancio racconta di 7 feriti. A Casola è crollato un casolare abbandonato. Decine di case evacuate a Fivizzana, epicentro del sisma, e un tetto distrutto. Migliaia di persone sono coso costrette a dormire all’addiaccio. Un bollettino di guerra. Intere popolazioni con il fiato sospeso, che tentano di riappropriarsi della normalità. Lo sforzo comune è rivolto ad imparare la convivenza con quelle che erano state archiviate sabato come “scosse di assestamento”. Le aspettative sono andate deluse. I sindaci delle località colpite sono disperati compagni di viaggio dell’impotenza. Un’impotenza confessa, ammessa. Si aspettavano, i primi cittadini, risposte concrete dalla Stato. “Invece non ci sono soldi”.
I rappresentanti delle amministrazioni comunali si sentono abbandonati. Ma da chi? Dallo Stato, che pare girare la testa e lo sguardo dall’altro lato: le parole ormai non fanno più effetto, non bastano, servono a nulla. Nei luoghi del terremoto la gente chiede a gran voce le tende. Il minimo del minimo. Il risultato parziale è questo: l’esasperazione si è trasformata in rabbia. La Regione Toscana ha inviato 2.000 brandine, si aspetta solo che arrivino. “Siamo tutti qui, nessuno si deve sentire solo”, promette il governatore regionale Enrico Rossi, presente nelle zone terremotate. Ma la gente è allo stremo, dopo aver lottato duramente nei primi due giorni. Ora i cittadini colpiti dalla tremenda spallata della natura non ce le fanno più. I sindaci sono consapevoli della gravità della situazione. Si temono disordini. “Una semplice sensazione, ma io mi sono cautelato. Ho chiesto di mandare più uomini”.
Mittente del preoccupato accorato sollecito è il sindaco di Massa Carrare, Grassi. Piange un altro sindaco, in lacrime per le 1.040 anime che lui governa da quattro anni. “Il capo della protezione civile, Gabrielli, ha detto che non ci sono soldi. Ci sentiamo abbandonati”. Il responsabile della protezione civile ha invitato i cittadini di Casola, in Lunigiana, a cavarsela da soli. Nelle zone colpite dal sisma, c’è incertezza sul proseguimento della prove di maturità. Migliaia di studenti maturandi sono in attesa di sapere come devono regolarsi. Le famiglie si rifiutano di andare a vivere temporaneamente nei campi base. Troppo lontani, temono che gli sciacalli si portino via tutto. Preferiscono stare all’addiaccio, compagni desolati, arrabbiati, incazzati, furibondi compagni di una terribile sensazione che non dimenticheranno mai. “Sembra che ci sia una bombola del gas sottoterra”.
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