Iniziamo dai numeri. Secondo i dati riportati dal Sole 24ORE, il prezzo della benzina ai distributori in Italia costa oggi in media 1,856 euro al litro. Il gasolio 1,821. E sono le tariffe applicate solo al momento in cui scriviamo. Il che vuole dire che i prezzi potrebbero variare di giorno in giorno, costantemente in aumento, come accade ormai da circa due mesi a questa parte.
Gli esperti consigliano di non rifornirsi alle pompe di distribuzione collocate in autostrada, dove notoriamente il pieno al proprio autoveicolo pesa di più sulle tasche dei contribuenti, ma di ricercare la migliore alternativa dentro le città o i piccoli paesi. Questo è ciò che è costretto a fare l’italiano medio nel 2023: ricercare l’affare, con il “caro-tutto” in corso, persino per spostarsi, indipendentemente dal fatto che ci si sposti per necessità.
Tenuto conto del periodo vacanziero, però, non è affatto campata per aria l’idea secondo cui i distributori di carburante applichino tariffe maggiori proprio in virtù degli spostamenti in aumento esponenziale con i picchi di agosto durante le partenze e rientri dalle vacanze di italiani e stranieri nel nostro Paese, mettendo in atto una speculazione senza freni cui le Autorità di controllo dovrebbero comunque porre un freno, specie se si decidesse davvero di tagliare le accise.
Adesso, è mai possibile che tale situazione avvenga in Italia proprio nel momento in cui si è governati da forze politiche che hanno incentrato la loro campagna elettorale alle scorse Politiche quasi del tutto sull’abbassamento delle tasse, tra tutte le accise sui carburanti?
Le accise sulla benzina rappresentano il 38% del costo totale e l’IVA il 18% (in totale rappresentano il 56%, in media con la percentuale indicata). Le accise sul diesel pesano per il 35% e l’IVA il 18% (53% il totale finale).
Il ministro alle Infrastrutture a Trasporti Matteo Salvini solo lo scorso 8 febbraio prometteva che le accise sarebbero state tagliate se il costo della benzina avesse toccato e superato la soglia psicologica dei 2,00 euro al litro, cosa peraltro avvenuta già da tempo in moltissimi centri italiani, specie al Nord. Ma le promesse del leader della Lega sul tema sono anche più antiche: il 6 settembre del 2019, quando al Governo c’era sempre Salvini ma in coalizione con i Cinquestelle, l’impegno fu ancora più solenne: via le accise al primo Consiglio dei Ministri. Promessa disattesa allora, disattesa oggi.
Se solo fosse stato dato seguito a quanto declamato dall’allora e dall’attuale ministro Salvini, oggi la benzina costerebbe 0,817 al litro, mentre il gasolio 0,856 al litro. Tutto questo – vale a dire la riduzione totale o anche solo parziale delle accise sui carburanti – rappresenterebbe una rivoluzione epocale e renderebbe forse questo Governo degno di essere menzionato sui libri di storia.
Spiace constatare che un Esecutivo che si professa liberale, di Centrodestra, che è retto ad esempio da una forza moderata e di buonsenso come Forza Italia che ha sempre perorato la causa della mitigazione delle imposte, quantomeno quelle ritenute maggiormente ingiuste dai cittadini, non prenda il toro per le corna ed assuma finalmente una decisione che gli italiani attendono da troppi anni; più precisamente dal 1934, data di prima introduzione della prima accisa perché venisse finanziata la guerra d’Italia in Etiopia (solo questa voce è applicata ancora oggi e vale 0,000981 euro sul prezzo del litro di benzina al distributore). Su questo tema, senza girarci troppo intorno, il Governo guidato da Giorgia Meloni si gioca adesso gran parte della sua credibilità.