“Sulla stampa dell’emigrazione, lo scorso 3 dicembre abbiamo letto con attenzione e interesse le assicurazioni con cui il Sottosegretario agli esteri Ricardo Merlo ha tenuto a confortare i cittadini italiani residenti in Brasile con la promessa di contrastare le file ai consolati e ridurre le liste di attesa”. Lo scrive Gerardo Petta, consigliere del Comites di Zurigo, secondo il quale “le misure restrittive decise dalla Farnesina, sulla scia, certo, delle recenti decisioni governative in materia sanitaria e lavorativa, hanno stravolto, come ben sanno i connazionali residenti a Zurigo, il funzionamento di questo Consolato generale”.
Del resto, le misure di cui parla Petta sono valide per tutta la rete consolare e si sa che le diverse sedi diplomatico-consolari nel mondo funzionano a singhiozzo, proprio a causa della pandemia. Anche per questo il Sottosegretario Merlo lavora per rafforzare e ampliare la rete consolare in tutto il mondo: dal Sud America all’Europa. I casi della nuova sede consolare di Vitoria, in Brasile, e di Saarbrücken, in Germania, sono solo gli ultimi in ordine cronologico. Ne seguiranno altre.
Continua Petta: “Vorremmo attirare l’attenzione sui disservizi procurati, secondo noi, dalla fretta con cui il Ministero degli esteri ha eseguito i provvedimenti del Governo. Si è trattato, nella nostra impressione, di un sovrappiù di zelo ministeriale, che non ha tenuto conto, all’apparenza, delle domande e delle aspettative degli utenti dei servizi consolari. Si è infatti enfatizzata, in un modo, secondo noi, eccessivo, la dimensione sanitaria, penalizzando, di fatto, il ricevimento del pubblico e l’agevole accesso agli uffici. Di qui le misure di distanziamento, il lavoro a distanza, il contingentamento degli accessi. Di qui, ancora, le liste di attesa”.
“Beninteso, le misure adottate erano necessarie, anche se non ci convincono le modalità di esecuzione, condotte, secondo noi, senza aver previamente consultato i Comites, le Associazioni, gli utenti. Notiamo peraltro che non è stata spesa neppure una parola per spiegare ai connazionali che le nuove misure organizzative erano il prodotto di una situazione eccezionale, destinate perciò ad essere revocate, o, comunque, riviste, al termine dell’epidemia in corso. Nei fatti, di revoca, ovvero di revisione, neppure si parla.
Che cosa chiediamo dunque al Sottosegretario Merlo? Gli chiediamo di ripristinare, nei tempi più brevi, il precedente assetto organizzativo del Consolato di Zurigo, di ricostituire cioè l’organizzazione del lavoro già in vigore dal 2015 al marzo del 2020.
Vogliamo che il Consolato di Zurigo torni ad offrire ai 220 mila connazionali qui residenti gli stessi magnifici servizi che ha offerto nel corso degli ultimi cinque anni. Certo, la situazione sanitaria rimane critica, ma il vaccino anti-covid svolgerà, prevedibilmente, i suoi effetti curativi già nei primi mesi del 2021, il che ci induce a sperare nel ritorno alla piena efficienza di questo Consolato generale.
Nel frattempo, vorremmo sollecitare i responsabili della Farnesina a dare il via a un approccio organizzativo, che sia auspicabilmente più creativo. A questo riguardo, un utile modello da seguire, secondo noi, è quello che viene correntemente proposto dagli Uffici postali della Penisola, che infatti non hanno introdotto la prenotazione degli appuntamenti, ma hanno bensì scaglionato gli ingressi nell’arco della giornata lavorativa.
In confronto con gli uffici consolari, negli uffici postali si registrerebbe infatti una situazione più che soddisfacente, anche se lontana ancora da uno svolgimento pienamente efficace. Col fine di trarre utili elementi comparativi, alcuni nostri conoscenti, residenti in Italia, hanno di recente visitato, su nostra richiesta, due agenzie postali, situate, rispettivamente, nel centro e nella periferia di Salerno.
Si è potuto così constatare che tre o quattro impiegati postali, protetti da opportune schermature di plastica, riuscivano a ricevere, nell’arco delle cinque ore di lavoro mattutino, più o meno centoquaranta persone, nessuna delle quali aveva prenotato la visita. Perché, ci domandiamo, l’ufficio consolare non può fare altrettanto?
Insomma – conclude il consigliere Petta -, se la priorità sono gli utenti, almeno quanto lo sono i lavoratori e le lavoratrici, bisognerebbe immaginare, sul modello appunto delle Poste, criteri di accoglienza che siano più flessibili, più aperti e, forse, più audaci”.