Ignorando gli appelli alla calma, per la quarta notte consecutiva centinaia di giovani, per lo piu’ immigrati disoccupati, sono scesi in piazza nei quartieri periferici di Stoccolma per scontrarsi con le forze dell’ordine e sfidare le autorita’ svedesi appiccando mille fuochi e scatenando la guerriglia urbana piu’ violenta da molti anni a questa parte. Le banlieue a nord e a sud della capitale sono state percorse da un identico brivido di rivolta con gruppi organizzati che davano fuoco a decine di auto, accoglievano ogni arrivo di agenti e pompieri con fitte sassaiole, infrangevano finestre e vetrine.
Nonostante fonti della polizia abbiano cercato di sdrammatizzare la situazione affermando che ‘comunque Stoccolma non sta bruciando’, la cronaca della notte e’ un fitto rosario di distruzioni: ad Hagsastra, a sud, e’ stata attaccata una pattuglia della polizia e un agente e’ rimasto ferito, a Skogas, e’ stato dato alle fiamme un ristorante, a Ragsved, e’ stata una stazione della polizia a prendere fuoco. E ancora decine di episodi che nemmeno i vigili del fuoco hanno saputo tenere sotto controllo.
La preoccupazione delle autorita’ e’ che con il meccanismo di un domino delle violenze, gli scontri si accendano anche in altri quartieri e in altre citta’: gia’ oggi si e’ avuta notizia di alcune auto bruciate nella citta’ meridionale di Malmoe. La Svezia si interroga sulle ragioni di uno scoppio di violenza cosi’ improvviso anche se l’episodio che ha fatto divampare gli scontri risale ad una settimana fa, quando a Husby, quartiere povero di immigrati nel nord della capitale, la polizia ha ucciso un anziano armato di coltello suscitando proteste e accuse di brutalita’ eccessiva. Oggi la ministra della Giustizia Beatrice Ask ha detto di capire ‘perche’ molte persone che vivono i questi sobborghi sono preoccupate, arrabbiate, scontente…l’esclusione sociale – ha aggiunto – e’ certo seria causa di molti problemi e noi lo comprendiamo’.
Il problema, sono in molti commentatori a evidenziarlo, e’ che evidentemente il felice modello svedese con il suo generoso stato sociale sembra mostrare la corda, perche’ la crisi ha colpito a testa bassa anche nel Nord Europa e la questione dell’integrazione – non solo quella materiale – non e’ stata completamente risolta. Il tasso di disoccupazione giovanile in Svezia comincia a superare il 20%, ma secondo dati dell’Economist solo il 51 per cento degli extraeuropei ha un lavoro contro l’84% degli svedesi. Uno studio del sindacato Saco (dei cosiddetti ‘colletti bianchi’ svedesi) sostiene che e’ praticamente fallito il tentativo di integrare anche gli immigrati di seconda generazione, che hanno studiato. E il quotidiano Aftonbladet rincara affermando che le rivolte rappresentano un ‘gigantesco fallimento’ delle politiche economiche degli ultimi anni a fronte della crescente domanda d’asilo (la Svezia e’ la quarta al mondo per numero di richiedenti). Sui blog i lettori scrivono in inglese: ‘Il problema non e’ tanto che non c’e’ il lavoro.. il problema e’ la percezione che in Svezia si ha degli immigrati’. E Rami al Khamisi, dell’organizzazione giovanile Megafonen che lavora nelle periferie, spiega cosi’ questo improvviso ‘maggio svedese’: ‘La societa’ sta diventando sempre piu’ divisa, con incolmabili gap sociali ed economici…stiamo andando verso un razzismo istituzionale’.
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