Dopo quasi una settimana di gravi incidenti, la rivolta nelle periferie disagiate di Stoccolma sembra leggermente attenuarsi, mentre per la prima volta esce dai confini della capitale per divampare in altre citta’ della Svezia. Nella notte trascorsa sono molti gli episodi che hanno investito Uppsala, Oerebro, Linkoeping. Qui gruppi di manifestanti hanno cercato di dare alle fiamme un posto di polizia, una scuola e un asilo, a Oerebro 25 persone mascherate hanno incendiato una scuola e molte auto, a Uppsala ancora una scuola, auto e una farmacia saccheggiata.
A Stoccolma e’ stata probabilmente la concomitanza di due elementi a rendere meno convulsa la sesta notte di incidenti: da una parte una maggiore presenza delle forze dell’ordine con i rinforzi di agenti antisommossa provenienti da Malmoe e Gotheborg (le due citta’ svedesi interessate da violenze anni fa). Dall’altra, un fenomeno che per la prima volta e’ stato osservato: ronde pacifiche di cittadini che nelle periferie teatro degli scontri, sono scesi in strada cercando di fermare le violenze attraverso il dialogo con i giovani. Svedesi per lo piu’ appartenenti ad un’associazione di volontari che normalmente il venerdi e il sabato battono a tappeto le periferie per parlare con i minori che passano la nottata fuori e proteggere luoghi considerati ‘bene comune’, come scuole e biblioteche. Armati solo di gilet gialli, sono stati salutati con favore dalle forze dell’ordine secondo le quali ‘hanno contribuito molto a attenuare la tensione’.
Ma un paese come la Svezia che ha indossato per anni il fiore all’occhiello della liberalita’ e dell’accoglienza, dell’integrazione e dello stato sociale avanzato, non puo’ limitarsi ad affidare compiti da ordine pubblico ai volontari che difendono le istituzioni, le proprie auto e le scuole dei propri figli. Deve innanzitutto interrogarsi sulle ragioni piu’ profonde di quello che molti hanno definito il tracollo del modello svedese. Il 31 il parlamento di Stoccolma inizia la discussione sulla settimana dei mille fuochi che non potra’ prescindere dai dati di fatto che ogni commentatore anche fuori dalla Svezia sottolinea: l’aumento delle richieste di asilo; l’aumento del coefficiente di disuguaglianza nel giro di una generazione; la crisi economica mondiale e la crescita della disoccupazione; il fallimento del sistema scolastico rivolto agli immigrati; la montata dell’estrema destra. Quest’anno il partito di estrema destra Democratici di Svezia e’ accreditato del terzo posto nei sondaggi e molti ritengono che gli incidenti del maggio svedese potrebbero rimpolparne ancora i ranghi: l’agenzia Reuters scrive che molti militanti dell’estrema destra sono stati visti dar manforte alla polizia le scorse notti. Sono miscele esplosive contenute in una santabarbara, le periferie degradate, pronta ad esplodere al primo bagliore di miccia.
Alla Bbc Gulan Avci, parlamentare di origine curde che rappresenta il sobborgo Bradang di Stoccolma, dice che la rivolta e’ un mix di criminalita’ e disillusione dei giovani per la disoccupazione, la ghettizzazione delle periferie. Olivier Turc, corrispondente di Le Monde, descrive una nazione presa in contropiede ‘perche’ in Svezia non c’e’ una tradizione di violenza, ma di dialogo sociale e di consenso’. La popolazione ‘non tollera nemmeno di vedere la polizia che usa metodi violenti. Ma il malessere e’ precedente e racconta di un paese che si sente a posto perche’ ritiene di aver fatto di tutto per l’integrazione ma che forse non ha saputo scegliere tra la politica ‘assimilazionista’ come in Francia, e ‘multiculturale’ come nei paesi anglosassoni’. E tutto si sta infrangendo contro i temi dell’esclusione, del fallimento scolastico e della disoccupazione. Quest’ultima e’ la grande responsabile perche’, conclude, ‘la barra dell’accesso al lavoro per gli immigrati e’ stata posta troppo in alto’.
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