"Isolati per giorni, in cerca di pane e acqua": e’ la testimonianza di una volontaria della ong italiana Avsi, che si trovava nelle Filippine quando il tifone Haiyan ha devastato il Paese. "Il tifone e’ arrivato prima del tempo – racconta suor Margherita, che opera da piu’ di 20 anni nella zona di Calabanga, raggiunta al telefono dalla organizzazione – doveva abbattersi sulle coste della provincia di Summar alle 9 del mattino ed e’ arrivato alle 4. A quel punto non si e’ saputo piu’ nulla: le comunicazioni sono state interrotte fino a lunedi’ e 41 province sono rimaste totalmente isolate, raggiungibili solo con mezzi della protezione civile".
Chi si trova nel luogo colpito fa fatica a procurarsi acqua e cibo. L’odore nelle strade e’ insopportabile e il blackout delle comunicazioni complica la ricerca degli scomparsi, nonostante un servizio organizzato sui social network dal governo filippino. E’ il caso di una intera famiglia di pescatori, residenti in una zona colpita dal tifone e di cui si sono perse le tracce: erano stati evacuati giovedi’ scorso e solo il fratello, un uomo di 50 anni, e la mamma erano rimasti a casa. "Se devo morire, voglio morire a casa mia" aveva ribadito convinta. Nel primo pomeriggio di giovedi’, il suo ultimo messaggio: "Non abbiamo piu’ una casa, il mare ha portato via tutto, vado a scuola dove ci sono le persone evacuate". Avsi ha lanciato una raccolta fondi per sostenere le vittime del tifone. "E’ necessario che gli aiuti partano il prima possibile – spiega Giampaolo Silvestri, segretario generale di Avsi – abbiamo gia’ attivato i nostri contatti nelle Filippine e nel giro di poche ore saremo in grado di far partire una raccolta fondi per sostenere le vittime del tifone".
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