I ritardi sugli aiuti alimentano la disperazione tra le popolazioni filippine colpite dal tifone Haiyan, mentre il bilancio provvisorio delle vittime si porta a quota 2.344: i saccheggi fatti a un deposito di riso, con oltre 100.000 sacchi portati via, hanno causato la morte di 8 persone schiacciate dal crollo di un muro, ad Alalang, nell’isola di Leyte, tra le piu’ colpite dal disastro. Nella citta’ di Tacloban, invece, la polizia locale ha imposto un coprifuoco di 12 ore per garantire l’ordine, dopo le pesanti devastazioni registrate lo scorso fine settimana. La misura e’ stata decisa dopo i ripetuti disordini che non avrebbero risparmiato un convoglio di camion con i corpi delle vittime gia’ recuperate, diretto al sito dove e’ stata predisposta una fossa comune per la sepoltura, costretto a interrompere l’operazione a causa dei ripetuti colpi di arma da fuoco.
Il segretario alla Difesa, Voltaire Gazmin, ha assicurato il ritorno del rispetto della legge nella citta’ e nelle province duramente provate dal tifone ("abbiamo di nuovo il controllo della sicurezza"), mentre Eduardo del Rosario, direttore del National Disaster Risk Reduction e Management Council, ha da parte sua spiegato le misure straordinarie adottate ("a nessuno sara’ permesso di stare per le strade dalle ore 18 alle 6 del mattino"), comprensive dello spiegamento di 1.000 poliziotti. Le strade di Tacloban, distrutta al 90%, sono state ripulite da gran parte dei detriti e delle macerie al fine, nei piani del governo, di accelerare l’accesso di soccorritori e operatori umanitari per la distribuzione di cibo e acqua, e per stroncare ipotetici focolai di epidemie. Solo il 20% dei 220.000 abitanti riesce allo stato a ricevere i soccorsi in modo continuo.
Le tv locali (e non solo) hanno continuato a trasmettere le immagini di centinaia di persone, tra cui molte mamme e bambini, all’aeroporto di Tacloban, punto vitale di smistamento degli aiuti, alla ricerca disperata di beni di prima necessita’. Il segretario di Gabinetto, Jose Rene Almendras, ha affermato che la priorita’ e’ la consegna degli aiuti, pur tra difficolta’ pesantissimi. "Non c’e’ mai stato nulla in passato – ha detto – su quanto stiamo cercando di fare ora su vasta scala, sia in termini di dimensioni, volumi e ampiezza di intervento". In campo ci sono le forze armate filippine, dai cargo C-130 alla marina, alla guardia costiera, all’esercito fino agli ausiliari civili. Ma gli sforzi finora sembrano lontani dalla soluzione dei problemi immediati. "La situazione e’ catastrofica, il caos e’ totale. L’accesso e’ estremamente difficile", ha sottolineato il direttore generale della sezione italiana di Medici Senza Frontiere, Gabriele Eminente. Nel frattempo, l’Onu ha lanciato un appello per la raccolta di 301 milioni di dollari: risorse sufficienti, secondo Valerie Amos, coodinatrice della Un Emergency Relief, "per coprire le necessita’ di un periodo iniziale di sei mesi". Ricordando le persone colpite dal tifone e la necessita’ di aiutarle, Papa Francesco ha, in udienza generale, commentato che "queste sono le vere battaglie da combattere, per la vita, mai per la morte".
Quasi 11 milioni di persone sono state colpite dal tifone, con un numero di sfollati stimati in quasi 700.000 unita’: le agenzie Onu hanno richiesto rifornimenti urgenti di cibo, acqua potabile e medicine. L’Organizzazione mondiale della sanita’ sta lavorando per creare ospedali da campo e le relative forniture. Il World food program ha stimato in 83 milioni di dollari l’acquisto di apparecchiature di telecomunicazione logistica , prodotti alimentari e di emergenza, come biscotti e riso. Una situazione critica che ha generato prese di posizione diverse sulla stampa cinese, tra chi critiche la congruita’ dei 100.000 dollari di aiuti e chi accusa Manila di ingratitudine. Il Giappone, invece, e’ pronto a rafforzare l’impegno nei soccorsi con l’invio fino a 1.000 soldati. L’intento, diffuso dopo la partenza di 50 uomini delle forze di autodifesa (Sdf) per assistenza medica e attivita’ di trasporto su richiesta di Manila, potrebbe prendere forma con l’invio di tre navi militari e di diversi aerei cargo. Se l’operazione dovesse andare in porto, sarebbe la piu’ grande mai fatta dalle Self-Defense Forces nipponiche all’estero dalla Seconda guerra mondiale. In settimana e’ atteso l’arrivo della portaerei americana a propulsione nucleare USS George Washington, di base a Yokosuka, in Giappone, coi suoi 5.000 marinari e i circa 80 aerei.
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