Summerville è una cittadina del South Carolina, fa parte dell’area metropolitana di Charleston, poco più di 43.000 abitanti. I primi vagiti della cittadina risalgono agli anni immeditamente successivi alla Guerra di Indipendenza, si chiamava Pineland Village nel 1785 e il suo sviluppo lo deve ai proprietari delle piantagioni che lì si trasferirono per sfuggire alla invasione stagionale di insetti e alla susseguenti febbri.
Divenne ufficialmente una città nel 1847 e nello stesso anno fu approvata una legge che vietava di potare gli alberi di una certa dimensione, la prima del genere in tutti gli States con una multa di 25 dolalri per chi non l’avesse rispettata. Ancora oggi il motto di Summerville è ‘Sacra Pinus Esto’, il pino è sacro. Nel 1899 la stessa area fu dichiarata dall’International Congress of Physician uno dei due migliori posti al mondo per la cura e il ricovero per chi era affetto da malattie polmonari e della gola. L’aria secca e i pini erano una cura naturale perfetta e grazie a queste caratteristiche la cittadina di Summerville cominciò a farsi conoscere. Poi dal 1941 ha iniziato a ospitare il Flowertown Festival, la più grande fiera di arte e manufatti del South Carolina, che ha fatto sì che Summerville aggiungesse un altro motto: ‘Flower Town in the Pines’. Insomma la città dei fiori e dei pini, la città salubre, dall’aria incontaminata con l’aggiunta della tipica tranquillità delle rurali zone del Sud. Pace, aria pulita, alberi, fiori, meta di un turismo che da poche altre parti può trovare le stesse caratteristiche. Chi non vorrebbe vivere da quelle parti?
Poi però ecco che Summerville, all’improvviso, ha cominciato a far parlare di sè, non per l’aria salubre, ma per le proteste che si sono alzate in uno dei più tradizionali quartieri ‘neri’ della città che fino a quel momento non aveva avuto mai fatto parlare di sè. Ma cos’è successo? Un anno fa decine di persone sono scese in strada, una marcia di protesta, tutti uniti contro una donna, bianca. Perchè? Colpa di una bandiera che la signora Annie Chambers Caddell, appena trasferitasi nel piccolo quartiere, aveva issato nel suo giardino. La bandiera degli Stati Confederati di cui il South Carolina fu il primo a dichiarare la secessione, il 20 dicembre 1860. Un atto, seguito poi da altri stati, che fece da preambolo alla Guerra Civile di cui proprio quest’anno si ricordano i 150 anni. Sud contro Nord, gli stati che ancora adottavano la schiavitù contro quelli che invece l’avevano abolita. Detto così, in maniera anche troppo semplice, ecco che quella bandiera è diventata, anche erroneamente, uno dei simboli del razzismo. Ecco spiegata la marcia nel quartiere nero di Summerville, i cui abitanti si sono sentiti oltraggiati nel vedere sventolare quella bandiera. Una provocazione? Ma per quale motivo?
Qualche mese fa attorno alla abitazione della signora Caddell sono state erette delle staccionate di legno, proprio per evitare che la bandiera della discordia fosse visibile all’esterno. In risposta la signora nel suo giardino ha messo un palo più alto in modo tale da superare la staccionata. E visto che la battaglia non sembra avere fine, il signor Patterson James, che abita proprio di fronte, ed è di colore, ha messo nel proprio giardino una bandiera americana. Centocinquanta anni fa la Guerra Civile cominciava appena una quarantina di chilometri più in là, a Charleston Harbor e, nonostante sia passato un secolo e mezzo, le lotte sembra non abbiano età, e continuano. E quella bandiera che ancora oggi è simbolo della discordia da una parte è vista come una eredità del Sud, dall’altra come l’emblema della schiavitù e del razzismo. «Sono qui per rimanerci – dice Mrs Caddell – non faccio marcia indietro e per questo dicono che sono la donna che ama la propria bandiera e il suo retaggio». La signora Caddell in quel quartiere si è trasferita soltanto nel 2010, ma il suo arrivo ha subito scatenato una bufera, anche perchè, per gli altri abitanti, quella bandiera dei Confederati che sveltola in quella casa ha un signigicato ben preciso, dal momento che gli antenati della signora hanno combattuto con la giubba dei sudisti. I primi segnali della nuova guerra, fortunatamente incruenta, sono arrivati nell’ottobre scorso, quando una settantina di persone hanno marciato, pacificamente, per le strade du Summerville, cantanto canzoni pacifiste per protestare per quella presenza, mentre poco meno della metà si riunivano nel giardino e nelle vicinanze della casa della signora per sventolare la bandiera della discordia. Ma la protesta, e anche l’indignazione, non sono finite lì: sono state raccolte anche 200 firme contro la bandiera dei Confederati, portate al consiglio comunale della città, dove al tempo stesso Mrs Cddell, in lacrime, ripeteva che lei non è razzista. La città di Summerville si è trovata così di fronte a un caso di difficile soluzione e alla fine il responso è stato pilatesco: la signora ha il diritto di far sventolare quella bandiera nel proprio giardino e chi non è d’accordo ha il diritto di protestare e di innalzare staccionate. «Tutto sembrava tornato alla tranquillità – ha detto Anne Caddell – quando poi all’improvviso, in appena un giorno, hanno eretto quel recinto, io non ne sapevo nulla». Per effettuare quei lavori i vicini di casa della signora sudista hanno raccolto del denaro. «Ma non è una cosa che mi preoccupa – ha aggiunto – anzi attirano più attenzione verso la mia casa. Se l’obiettivo era evitare che si vedesse la mia abitazione, allora non è stato raggiunto». Così la tranquilla vita di Summerville va avanti, nonostante bandiere e staccionate. «Lei ha il diritto di fare quello che vuole nel suo giardino – ha ammesso alla fine anche il vicino di casa Patterson James – ma io non condivido di certo le sue opinioni».
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