di Paolo Martini – Adnkronos
La vera data di nascita della Repubblica italiana non è il 2 giugno 1946, il giorno in cui si svolse il referendum istituzionale, ma il successivo 13 giugno, esattamente alla mezzanotte e un quarto, quando avvenne il passaggio dei poteri dal Re Umberto II al presidente del Consiglio dei ministri Alcide De Gasperi. Lo sostiene il giurista e costituzionalista Enzo Cheli, giudice della Corte Costituzionale dal 1987 al 1996, di cui è stato anche vice presidente, in un articolo, come anticipa l’Adnkronos, che appare sul nuovo fascicolo della rivista “Nuova Antologia”, pubblicata dalla Fondazione Giovanni Spadolini e dalle Edizioni Polistampa.
Il professore Cheli, emerito di diritto costituzionale e dottrina dello Stato presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università ‘La Sapienza di Roma’, argomenta la sua tesi sulla base di un documento autografo conservato dal professore Rodolfo Bracci, figlio di Mario Bracci, ministro per il Commercio con l’estero del governo De Gasperi dal 20 febbraio al 1º luglio 1946 e poi giudice della Consulta dal 1955 al 1959, anno della morte.
La versione originale di quella minuta è stata depositata di recente presso l’Archivio Storico della Presidenza della Repubblica. Il 12 giugno 1946, ricostruisce Cheli nel suo articolo, era arrivata al presidente del Consiglio una lettera dove il Re ribadiva la sua “decisa volontà” di ottenere prima di qualunque decisione la pronuncia definitiva della Cassazione sui risultati del referendum, già proclamati due giorni prima dal presidente della Cassazione, Giuseppe Pagano, nella Sala della Lupa di Montecitorio (12.672.767 voti alla Repubblica, 10.688.205 voti alla Monarchia). Ma a quel punto il Consiglio dei ministri – nel cui ambito testimoniò Mario Bracci, si era creata “una tensione ed una insofferenza favorevole all’azione, anche se fossero gravi le responsabilità da assumere” – decise di rompere gli indugi e di provvedere immediatamente al passaggio dei poteri da Umberto II a De Gasperi in base alla considerazione (espressa in un comunicato stampa) che la proclamazione dei risultati effettuata dalla Cassazione il 10 giugno avesse già portato, ai sensi del decreto luogotenenziale n.219 del 23 aprile 1946, “alla instaurazione di un regime transitorio durante il quale, fino all’Assemblea costituente non abbia nominato il Capo dello Stato, l’esercizio delle funzioni del Capo dello Stato medesimo” dovesse spettare “ope legis al Presidente del Consiglio in carica”.
Il Consiglio dei ministri stabiliva poi che questa decisione sarebbe diventata operativa attraverso una delibera la cui redazione veniva affidata ad una commissione composta da Pietro Nenni, Enrico Molè e da Mario Bracci, che assumeva il compito di redigere la minuta. Nella minuta originale che il professor Cheli ha potuto consultare si notano correzioni interessanti come la sostituzione della parola “poteri” con la parola “funzioni”. Questo documento, sostiene Cheli, è “in sostanza la bozza del vero atto di nascita della nostra Repubblica che, dopo le giornate tormentate successive al 2 giugno, iniziava la sua vita alle ore 0.15 del giorno 13 giugno, nel momento in cui il Consiglio dei ministri adottava questa delibera. Da quel preciso momento cessava, infatti, il Regno d’Italia e iniziava la sua vita la Repubblica italiana”. “E’ vero che il Re, informato della decisione del Governo la mattina del 13 giugno, ne contestava la legittimità, ma al tempo stesso l’accettava in linea di fatto abbandonando alle ore 15.00 il palazzo del Quirinale per imboccare la via dell’esilio in Portogallo – ricorda Cheli – Gesto ragionevole che evitava il rischio di una guerra civile e che convalidava in base a quel principio di effettività che i giuristi ben conoscono la nascita della nostra Repubblica”.
Il “percorso maiuetico” della Repubblica si sarebbe concluso il 18 giugno 1946 quando la Cassazione, decidendo definitivamente sulle contestazioni e sui ricorsi presentati, confermava il risultato referendario favorevole alla Repubblica, mentre il governo, con un ordine del giorno, prendeva atto di quella pronuncia che eliminava ogni dubbio di fatto e di diritto circa la netta decisione repubblicana del referendum.
Conclude Enzo Cheli: “La Repubblica italiana non è, dunque, nata nè il 2 giugno, data del referendum che giustamente oggi festeggiamo, nè il 10 giugno, data della prima proclamazione dei risultati della Cassazione, ma dalla mezzanotte e un quarto del 13 giugno 1946 ed il documento pubblicato su ‘Nuova Antologia’ è la minuta del suo atto di nascita”.