Come interpretare la volontà da parte degli eletti all’estero del PD di bacchettare il governo Renzi per le misure contenute nella Legge di Stabilità che finalmente anche per loro ammissione contiene ulteriori e pesanti penalizzazioni per quanto riguarda gli italiani all’estero? Stupisce che solo adesso ci sia un’ammissione così netta, dopo che proprio grazie al loro appoggio e alla loro fiducia al governo in carica si e’ determinato il verificarsi di tale situazione, che ha contribuito a creare le premesse affinche’ l’esecutivo potesse a suo piacimento proseguire nel suo piano di ridimensionamento generale del settore dell’emigrazione. Ecco, adesso ci troviamo di fronte ad un’azione intrapresa in precedenza, tuttora in corso d’opera.
Dire che si è voluto dare un contributo al nostro Paese per la crisi in cui si e’ venuto a trovare è molto opinabile e corrisponde più al punto di vista di chi non ha forse sofferto e vissuto nella sua essenza l’esperienza dell’emigrazione e non avverte i disagi e le conseguenze di trovarsi in questa condizione.
L’EDITORIALE Se Renzi ci lascia in mutande – di Ricky Filosa
Questa ammissione da parte degli eletti vuole essere forse uno scarica barile per addossare al governo le loro responsabilità per non essere stati capaci di portare avanti le giuste rivendicazioni dei loro elettori o vuole essere un’abile manovra per anticipare ulteriori sorprese negative che potrebbero emergere prossimamente?
Nell’uno e nell’altro caso, e per eventuali ulteriori altri motivi, questo governo, per ammissione degli stessi suoi sostenitori, e’ stato fallimentare nel portare avanti la politica per gli italiani all’estero.
Appare adesso ininfluente e poco consolante, visti gli effetti, chiedersi se i rappresentanti eletti all’estero del PD esprimeranno o meno la fiducia al governo in occasione della Legge di Stabilità anche in questa ulteriore circostanza che vede l’emigrazione soccombente e subordinata al potere di un governo insensibile ai bisogni dei suoi cittadini residenti all’estero. Ormai la frittata è fatta.
La domanda invece che tuttora si pone è sempre la stessa. Che significato ha la nostra rappresentanza in Parlamento quando i nostri stessi rappresentanti non la esercitano nel modo dovuto e cioè per nome e per conto dei loro elettori, lasciandoli di fatto indifesi in mano all’arbitrio del potere?
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