Una Stabilità che massacra gli italiani nel mondo. E’ questa l’opinione di chi rappresenta gli italiani all’estero a livello istituzionale, dai Comites fino ai parlamentari passando per il CGIE. Dopo i consiglieri CGIE della Svizzera e dell’Argentina, tra gli altri, intervengono quelli dei paesi anglofoni.
In una lettera inviata, tra gli altri, al presidente della Repubblica Mattarella, al premier Renzi e ai presidenti di Camera e Senato, oltre che al ministro degli Esteri, i consiglieri della rinnovata Commissione Continentale per i Paesi Anglofoni Extraeuropei del Consiglio Generale degli Italiani all’Estero scrivono: “In attesa di ricevere la documentazione di accompagnamento alla legge di stabilità ora all’esame del Parlamento, sulla base delle notizie finora pervenute sui nuovi devastanti tagli apportati a tutti i capitoli di spesa del MAECI relativi agli italiani all’estero, nonché alla discriminazione contenuta in un Decreto del MEF sulle detrazioni fiscali”, chiediamo “agli esponenti del Governo e ai signori legislatori di rispondere chiaramente prima di tutto alla seguente domanda: l’Italia considera ancora come parte portante della sua proiezione all’estero i quasi 5 milioni di cittadini italiani iscritti all’AIRE e gli oltre 160 milioni di italo-discendenti, come calcolati da Piero Bassetti, nel suo Globus et Locus?”. Domanda retorica, visto i tagli micidiali a diversi settori che riguardano da molto vicino gli italiani nel mondo.
“Le dichiarazioni rilasciate dal Presidente del Consiglio dei Ministri, Matteo Renzi, nel corso della sua missione in America Latina presuppongono una risposta positiva a questa nostra sollecitazione di chiarimento. Chiediamo dunque perché nella legge di stabilità e nel decreto regolamentare 21.9.2015 del MEF si proceda a diminuire ulteriormente, ben al di sopra del taglio del 10% imposto trasversalmente a tutti i Ministeri, i già esigui finanziamenti agli organismi di rappresentanza degli italiani all’estero: Com.It.Es., Intercomites e CGIE, tagli che di fatto impediranno lo svolgimento dei compiti e l’effettuazione delle riunioni previste tassativamente dalle rispettive leggi istitutive, esponendo i loro componenti a commettere gravi infrazioni della normativa che li governa e ad essere perciò perseguibili senza alcuna colpa da parte loro; a ridurre oltre la soglia di criticità i contributi all’insegnamento della lingua e della cultura italiane all’estero, volani di italianizzazione dei gusti del mercato mondiale e strumento insostituibile di promozione del Sistema Paese, prevedendo un’erogazione di fondi che sono al disotto dell’1% delle risorse destinate da altre Nazioni a favore delle proprie lingue e culture. Questo mentre si continuano a convocare Convegni, organizzare Tavole rotonde, annunciare nuove politiche di intervento, garantire che la diffusione della nostra lingua e la promozione della nostra cultura costituiscono priorità assolute degli interventi da realizzare”.
E ancora: perché nella manovra economica del governo si continui “ad assegnare una mera elemosina all’assistenza indiretta per le rimanenti fasce più deboli delle comunità di più antica tradizione, negando i diritti di cittadinanza ed i princìpi di solidarietà sanciti dalla Costituzione italiana; a decretare che soltanto gli italiani che lavorano negli Stati membri dell’Unione Europea hanno diritto alle detrazioni per carichi familiari, mentre tutte le leggi finanziarie dal 2007 al 2014 hanno stabilito che tale diritto spetti a tutti i residenti fuori d’Italia che soddisfino le condizioni fissate per legge e il totale dei destinatari di tale agevolazione è costituito da un numero irrisorio di persone nel mondo”.
I consiglieri CGIE hanno le idee molto chiare: questa legge di Stabilità è una carneficina per gli italiani nel mondo. I membri CGIE concludono: “Attendiamo fiduciosamente una risposta politica, legislativa e concreta alle nostre legittime richieste di cittadini che fanno parte paritaria del popolo italiano, pur non vivendo nel territorio della Repubblica, e hanno il dovere di proteggere i diritti e vegliare sull’adempimento dei doveri di coloro che li hanno eletti”.
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