Costa dieci anni di carcere al vigile Alessandro Amigoni quel colpo esploso durante un inseguimento il 13 febbraio scorso che raggiunse alle spalle un giovane cileno di 28 anni, lasciandolo esanime sull’asfalto in zona Parco Lambro. Lo sparo era per intimidire e sarebbe partito accidentalmente, ha sostenuto la difesa, ad una distanza di almeno quindici metri e non con l’arma rivolta verso la vittima.
La pistola di Amigoni era invece a meno di tre metri dal cileno, secondo l’accusa, che fin dal primo momento gli ha contestato l’omicidio volontario. Il gup di Milano Stefania Donadeo oggi ha deciso, in rito abbreviato (che prevede lo sconto di un terzo della pena), riconosciute le attenuanti generiche, la condanna a dieci anni per l’agente di polizia locale Amigoni, presente ad ogni udienza, sempre silente sia dentro che fuori dall’aula.
A parlare dopo la lettura del dispositivo e’ il suo difensore, Gian Piero Biancolella per ribadire che si e’ trattato di ‘un tragico evento’. ‘Ringrazio la giustizia italiana, deve pagare per quello che ha fatto’, ha affermato invece a voce bassa prima di lasciare il Tribunale la compagna del cileno Marcelo Valentino Gomez Cortez. Per lei, parte civile, il giudice per l’udienza preliminare ha stabilito, in qualita’ di madre, una provvisionale di 180 mila euro per ciascuno dei due figli.
Non e’ stata invece quantificata quella per il Comune di Milano, secondo cui Amigoni ha ‘intenzionalmente – come si legge nella costituzione di parte civile – persistentemente e apertamente violato i propri doveri istituzionali e di servizio’ e ‘abusato della propria qualifica di pubblico ufficiale’. L’inseguimento, secondo quanto ricostruito, era nato da una manovra azzardata dell’auto su cui il 28enne cileno viaggiava con un amico che ha insospettito i vigili. L’uomo che era con Cortes, sentito poi come testimone dal pubblico ministero Roberto Pellicano (che nel corso della scorsa udienza aveva chiesto la condanna di Amigoni a 14 anni) in sostanza, aveva raccontato che lui e l’amico stavano scappando perche’ clandestini e che nessuno dei due aveva armi. Ad otto mesi di distanza da quel 13 febbraio arriva la condanna. ‘Al di la’ del processo – ha affermato il legale della compagna del cileno, Corrado Limentani – quello che ci ha piu’ sconvolto e’ che il vigile non ha mai fatto un gesto nei nostri confronti ne’ di carattere economico ne’ umano’.
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