Quella di giocare su più tavoli è una sua abitudine. Ma la fase è particolarmente complessa e il risultato è che Silvio Berlusconi, più che altre volte in passato, è riuscito a mandare nel caos Forza Italia. Da una parte l’ala che spinge per un accordo con i “sovranisti”, dall’altra quella più vicina al popolarismo europeo, entrambe si sentono disorientate, non capiscono ancora bene dove il “Capo” voglia andare a parare. Per averne un’idea basta dare un’occhiata a come è cambiato il suo pensiero nel giro di poche settimane.
Sia a novembre ospite di ‘Porta a Porta’ che a dicembre, alla presentazione del libro di Vespa, l’ex premier aveva avuto parole di elogio nei confronti del sistema elettorale tedesco. La sua ricetta: il proporzionale, con l’aggiunta di uno sbarramento per esempio del 5% per mettere “un limite ai partiti minori” e dunque “arrivare a una grosse koalition” così Forza Italia potrebbe presentarsi “da sola” ed evitare che “gioco forza, il centro moderato e la destra stiano insieme”. Così parlava il 22 novembre.
Eppure, in un’intervista il 29 gennaio al Messaggero, la sua posizione era completamente diversa. “Sento parlare – diceva – sempre più spesso di grande coalizione dopo le elezioni. E’ un’idea sbagliata, le grandi coalizioni sono una patologia del sistema democratico“, “il nostro obbiettivo è vincere le elezioni, nell’ambito di un centrodestra che per essere vincente deve basarsi non sulle paure, ma sulla serietà, la concretezza, sulla politica del fare, sul rinnovamento”.
Insomma, una impostazione diversa sia rispetto alla grossa coalizione, sia rispetto al rapporto con gli alleati di centrodestra con cui il dialogo in queste ore – dopo giorni di grande freddo – sembra essere ripartito. Il fatto è che, come sempre, Berlusconi sta valutando quale sia la sua maggiore convenienza, come riuscire a incidere di più nel quadro che si determinerà dopo le prossime elezioni.
La legge che si applica alla Camera dopo la sentenza della Consulta sull’Italicum, infatti, mette l’ex premier nella difficile situazione di dover decidere se provare a raggiungere il 40%, e dunque il premio di maggioranza, in un listone con Lega, Fdi e sovranisti vari oppure andare da solo correndo il rischio di diventare residuale. Non a caso, infatti, il leader azzurro si è già schierato contro l’ipotesi di una lista unica, aprendo però alla possibilità di una coalizione che tenga tutti assieme.
A capo di questa fazione che spinge verso Salvini e Meloni c’è Giovanni Toti, uno che alla manifestazione “sovranista” di sabato in piazza a Roma si muoveva come uno “di casa”. Ma tra le condizioni che Salvini pone per un’alleanza c’è l’uscita dell’euro e anche una presa di distanza in Ue da Merkel & Co. Esattamente quei partiti della famiglia del Ppe che però hanno recentemente portato all’elezione del fedelissimo Antonio Tajani alla guida del Parlamento europeo. Ed è proprio lui il capofila della fazione che spinge il Cavaliere verso sponde più moderate. Anche perché, dall’alto del nuovo ruolo, è convinto che in quella collocazione Forza Italia abbia più chance di prestigio.
E poi c’è sempre quel canale, aperto ma riservatissimo, con il Pd per cercare di arrivare a modifiche della legge elettorale che possano essere gradite da entrambe. Per Berlusconi, per dire, una soluzione a molti problemi passerebbe dalla modifica del premio di maggioranza alla coalizione anziché alla lista. Da siffatto quadro deriva il disorientameto di molte delle pattuglie azzurre, soprattutto quelle del Nord in cui si sta diffondendo il panico: il timore, se si dovesse arrivare a spartirsi i collegi con la Lega, è quello di rimare schiacciati sotto i desiderata di Salvini. Anche gli alleati di centrodestra, tuttavia, attendono dal Cavaliere una parola chiave.
“A Berlusconi che continua a parlare di unità del centrodestra, dico – afferma Salvini – che un’alleanza che non ha radici solide non ha senso. O si parla di controllo della moneta nazionale, di priorità della moneta nazionale, oppure è inutile chiacchierare di alleanze“. “Io – aggiunge – ho ben chiaro fino dove arrivare con Berlusconi e, a un certo punto, ognuno per sè e Dio per tutti”.
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