Secondo una ricerca effettuata da Renato Mannheimer per conto dei patronati italiani all’estero, al contrario di quanto spesso siamo portati a pensare, “solo il 41% di chi si è trasferito all’estero lo ha fatto per motivi di lavoro, mentre tra le altre motivazioni spiccano motivi familiari e anziani che vanno in paesi dove il costo della vita è più basso e la pensione vale di più” (14%).
Anche chi vive in Italia e pensa di partire lo fa essenzialmente “per vivere una esperienza diversa (26%)”.
C’è poi quel dato sui patronati italiani nel mondo che fa pensare. E che preoccupa più di qualcuno, anche nei palazzi romani che contano. Secondo l’esperto sondaggista i patronati riscontrano “un gradimento del 38%, che se fosse per una azienda non sarebbe niente male”. Quei patronati che hanno spesso il colore rosso Pd e che in campagna elettorale si danno da fare non poco per sostenere i propri candidati di riferimento… Con un gradimento al 38%, la sfida appare molto facile da vincere. Dovremmo riaprire qui l’interrogativo di sempre: è giusto che i patronati facciano politica e sponsorizzino partiti e candidati?
Dagli italiani che hanno intenzione di partire la lingua è vista come il principale problema di una esperienza all’estero, nel quadro di quello che viene definita “una generale sottovalutazione delle difficoltà”, ma anche il welfare e i meccanismi della fiscalità.
In un Paese che si dice civile, avere il 41% degli italiani all’estero che si sono trasferiti per motivi di lavoro è comunque moltissimo. L’Italia deve fare ancora tanto per riuscire a trattenere i cervelli e non solo loro, ma tutti quegli italiani che non potendo trovare lavoro nella Penisola hanno dovuto lasciare casa e famiglia e amici per la speranza di una vita migliore. Portando con sé l’Italia nel cuore.
Discussione su questo articolo