Strage silenziosa nelle carceri di regime in Siria. A due settimane dalle "elezioni presidenziali" organizzate dal regime, prosegue la guerra sotterranea delle autorita’ di Damasco contro attivisti, dissidenti e persone comuni: 850 di questi, tra cui donne e minori, sono stati uccisi in carcere negli ultimi quattro mesi. Lo dicono testimonianze raccolte in un rapporto diffuso oggi da una piattaforma che da anni monitora le violenze nel Paese. E mentre nel nord, al confine con la Turchia, un’autobomba ha ucciso una trentina di persone, per lo piu’ civili in fuga, da Londra i ministri degli esteri delle potenze occidentali, tra cui l’Italia, sono tornati a riunirsi per tentare di proporre qualche via d’uscita al conflitto che sconvolge la Siria e che ha da tempo assunto dimensioni regionali e internazionali.
Il ministro degli esteri italiano, Federica Mogherini, ha riferito i quattro punti della dichiarazione finale della riunione degli undici Paesi "Amici della Siria", guidati da Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia: deferimento alla Corte Penale Internazionale (Cpi) degli autori dei crimini commessi nel Paese; completamento dello smantellamento delle armi chimiche dichiarate dal regime; appoggio alla cosiddetta opposizione moderata; denuncia delle prossime presidenziali del 3 giugno.
Le consultazioni, dalla propaganda ufficiale presentate come le "prime elezioni pluralistiche" dopo decenni, da piu’ parti sono state definite una "farsa" o "surreali", per le regole che hanno determinato la presentazione e l’accettazione delle candidature dei due "rivali" di Assad e per il contesto in cui si svolgono.
A tale proposito, secondo il rapporto reso noto dall’ Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria (Ondus), piattaforma che dal 2007 monitora le violazioni nel Paese e che sul terreno si avvale di una fitta rete di ricercatori, attivisti e fonti mediche, 848 siriani sono stati uccisi nelle segrete celle del regime: sotto tortura, giustiziati sommariamente oppure morti per le pessime condizioni igieniche e privati dell’assistenza medica. Le fonti principali di queste informazioni sono le famiglie delle vittime, a cui il regime consegna soltanto la carta d’identita’ del defunto. Solitamente i familiari vengono informati dalle autorita’ siriane del decesso del loro congiunto in seguito a "infarto" o per "suicidio", e raramente le forze di sicurezza consegnano alla famiglia la salma del loro parente.
Secondo il rapporto, nelle carceri del regime siriano vi sono ancora oggi circa 18 mila persone, molte delle quali letteralmente scomparse in celle dei servizi di controllo e repressione o nelle caserme delle truppe lealiste. Intanto nel nord-ovest del Paese, al valico frontaliero turco di Bab as Salam, un’autobomba e’ esplosa seminando la morte tra i convogli di civili che transitano lungo l’affollato punto di passaggio.
Al momento, l’attentato non e’ stato rivendicato, cosi’ come e’ stato il caso per altri attacchi analoghi avvenuti nei mesi scorsi. Sempre nel nord-ovest del Paese, ieri sera ribelli del Fronte islamico erano riusciti a far esplodere una caserma del regime in una base militare, quella di Wadi Seif, nella regione di Idlib, piazzando 60 tonnellate di esplosivo in un tunnel scavato fin sotto alla struttura lungo 850 metri, e uccidendo un numero imprecisato di militari governativi. L’attacco e’ stato rivendicato dai ribelli del Fronte Islamico e confermato dall’Ondus, che ne hanno diffuso anche un video.
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