Un’azione militare sul modello del Kosovo – ovvero raid ‘umanitari’ senza mandato Onu, bloccato dal veto russo – e’ una delle opzioni a cui stanno pensando gli Stati Uniti dopo la drammatica strage con armi chimiche alla periferia di Damasco le cui immagini hanno sconvolto il mondo. Il presidente Usa Barack Obama ha convocato oggi alla Casa Bianca i vertici della sicurezza nazionale in quella che si prevede una girandola di incontri durante tutto il fine settimana, in attesa di sapere con esattezza se il regime siriano ha usato o meno i gas contro i civili. Tutte le opzioni sono sul tavolo, ma al momento nessuna decisione e’ stata presa dall’amministrazione, ancora cauta sui passi da compiere. Le valutazioni preliminari delle agenzie di intelligence – secondo fonti europee e americane – indicherebbero comunque l’uso di armi chimiche, cosi’ come i dati di Medici senza frontiere, secondo i quali 355 persone che ”presentavano sintomi neurotossici” sono morti negli ospedali siriani in cui la ong e’ operativa. E’ la prima conferma indipendente che i gas siano stati effettivamente usati, anche se ovviamente Msf non punta il dito contro nessuno.
"Determineremo a breve" cosa e’ accaduto in Siria, ha affermato il segretario alla Difesa americano Chuck Hagel, sottolineando che il Pentagono ha presentato a Obama le opzioni militari e suggerito il riposizionamento delle forze per una possibile azione. Proprio in quest’ottica gli Stati Uniti hanno rafforzato la loro presenza militare nel Mediterraneo con navi pronte a ogni evenienza nel caso in cui arrivasse un’indicazione da Obama. Secondo quanto riferito dalla stampa americana, le forze navali statunitensi si starebbero avvicinando alla Siria e una quarta nave da guerra – la USS Mahan – armata con missili balistici sarebbe stata inviata nell’est del Mediterraneo senza comunque ordini per un attacco. ”Abbiamo una vasta gamma di opzioni disponibili, che stiamo valutando ponderatamente – ha rivelato un funzionario della Casa Bianca – in modo da prendere decisioni in linea con i nostri interessi nazionali, stiamo valutando le soluzioni migliori da adottare in Siria”. Uno dei casi allo studio sembrerebbe essere quello dei raid della Nato in Kosovo nel 1999, quando era presidente Bill Clinton, per scavalcare l’Onu e aggirare cosi’ il veto della Russia (e probabilmente della Cina) in Consiglio di sicurezza.
A spingere per un’azione forte contro la Siria e’ ancora la Francia, per bocca del ministro degli Esteri Laurent Fabius. ”Le nostre informazioni mostrano che Damasco ha compiuto un ‘massacro chimico’ di una tale gravita”’ che ”non potra’ non esserci una reazione forte”, ha avvertito Fabius. Ma l’Europa, come le capita spesso, e’ spaccata. Contraria a un eventuale intervento militare e’ infatti la Germania, con la cancelliera Angela Merkel che vede come unica via d’uscita una soluzione politica. ”Non seguiamo la strada di una soluzione militare. Non riteniamo che sia possibile risolvere il conflitto dall’esterno, crediamo invece che debba essere trovata una soluzione politica”, ha sottolineato il suo portavoce Steffen Seibert. L’Iran, massimo alleato di Assad, intanto ha messo in guardia gli Stati Uniti e il mondo: qualsiasi intervento militare contro la Siria alimenterebbe le tensioni in tutto il Medio Oriente e porterebbe a una ”guerra totale” nell’area, a scapito di Israele. Secondo Teheran, le armi chimiche sono state effettivamente usate, ma a farlo sono stati i ribelli, messi all’indice come i veri responsabili anche dal regime siriano. Accuse che ovviamente l’opposizione respinge, definendole solo un tentativo di sviare l’attenzione dai crimini del regime.
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